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Frantz, recensione e trailer

Giovedì, 22 Settembre 2016 15:36

Arriva nelle sale italiane il 22 settembre l’ultimo lavoro del regista Francois Ozon: il melodramma in costume, "Frantz".

A due anni di distanza da “Una nuova amica”, il regista francese torna con Frantz, una pellicola ambientata alla fine della prima guerra mondiale, tratta da un’opera teatrale di Maurice Rostand e già riadattata per il cinema da Ernst Lubitsch ("Broken Lullaby"). 

La pellicola ha inizio in una tranquilla cittadina tedesca, dove ancora il lutto e le ferite della guerra sono presenti tra i cittadini. Anna, interpretata da Paula Beer, è una ragazza che giornalmente si reca sulla tomba del suo fidanzato, Frantz, morto in Francia durante la guerra. Rimasta sola, vive con i genitori di lui, che ormai la considerano una figlia e con i quali condivide il dolore per la recente scomparsa.

La quotidianità viene sconvolta dall’arrivo di Adrien (Pierre Niney) un giovane francese, anch'esso dedito a visitare la tomba di Frantz. Egli si presenterà alla famiglia del defunto e ad Anna come un caro amico di Frantz. Personaggio particolare quello di Adrien; da un lato esuberante, dall’altro visibilmente tormentato, sarà in grado di far rivivere in Anna e nei genitori, tramite i suoi ricordi, la memoria del figlio. Frantz rivive in lui, nelle note del suo violino, e nei versi delle poesie di Verlaine. Ma Adrien non è chi dice di essere. È questa la chiave di tutto il film, ovvero l’esigenza di dover ricorrere alla menzogna per continuare a vivere

Ho trovato molto interessante anche la figura del padre di Frantz, interpretato da Ernst Stötzner. Restio inizialmente ad accogliere un francese in casa, vista la maniera in cui ha perso il figlio, si affezionerà in modo particolare a lui, tanto da difenderlo in una riunione di nazionalisti tedeschi, suoi vecchi amici. Cito qui una parte del discorso che ho trovato piuttosto emozionante: “Se muoiono i loro figli, noi la chiamiamo vittoria e brindiamo con la birra, se muoiono i nostri figli loro brindano con il vino e noi la chiamiamo sconfitta. Siamo solo dei padri, che brindano alla morte dei nostri figli.” 

Il film è quasi interamente in bianco e nero, scelta che comunque non pesa sulla fotografia che rimane ben fatta. Le poche immagini a colori presenti, servono per le reminiscenze e i brevi attimi di leggerezza e gioia. 

Volendo trovare dei difetti, il film nella seconda parte si distacca dalla sua missione originale, per perdersi nel melodrammatico, senza però avere la giusta intensità. Inoltre in alcune scene salienti sembra mancare il giusto pathos. Ciononostante, la prova dei due giovani attori rimane più che discreta. 

Film tutto sommato godibile, che lascia nello spettatore un messaggio velato, ovvero l’esigenza di vincere i fantasmi del passato, anche a costo d’ingannarsi, per ritrovare quella precaria, ma fondamentale, gioia di vivere.

di Luca Pradella