Emilio D’Alessandro emigra in Inghilterra giovanissimo. Conosce Janette, se ne innamora e la sposa. É un mago dei motori: lavora in un’officina nei pressi di un circuito automobilistico e arrotonda la paga guidando un taxi. Un bel giorno collauda un’auto da corsa e stupisce tutti segnando il miglior tempo. Il capo di una scuderia lo mette al volante di una Formula Tre e il ragazzo di Cassino, nella prima gara, si piazza sul podio da vincitore. Sembra l’inizio di un film, una storia di successo partita da zero. Invece, in un film, Emilio ci finisce davvero. Nevica, a Londra. Una notte, molto più del solito: non c’è in giro nessuno e alla stazione dei taxi arriva la richiesta di un trasporto urgente. Nessuno si fida a guidare con le strade innevate, tranne Emilio. Accetta la consegna, prende il carico e giunge a destinazione puntualissimo. Non prima, però, di aver chiesto di coprire con una coperta l’oggetto da trasportare. Si trattava del maxi-fallo di porcellana di Arancia Meccanica.
Kubrick si innamora di questo ragazzo dalla guida sicura, offrendogli di lavorare per lui come autista. Emilio è preciso e meticoloso, si occupa di installare nell’auto un telefono e una valanga di prodotti di cancelleria, perchè il suo capo è sempre in giro e in macchina scrive, disegna, crea. La fiducia diventa totale e in breve tempo diventa l’assistente personale del regista americano.
"S is for Stanley è un documento prezioso..."
S is for Stanley segue il corso di un’amicizia durata trent’anni che, inevitabilmente, finisce per ricordarci la maniacale ossessione per il controllo di un genio assoluto. La pellicola ha vinto il David di Donatello come miglior documentario. Alex Infascelli, dopo aver scoperto la storia di Emilio nel corso di un’intervista alla moglie di Kubrick, ha letto la sua autobiografia in “Stanley Kubrick e me. Trent'anni accanto a lui. Rivelazioni e cronache inedite dell'assistente personale di un genio”, edito da Il Sagiatore, e ha voluto fortemente conoscere questo misterioso settantenne.
Il film si basa su una lunga intervista nel garage di Emilio, pieno zeppo di cimeli accumulati nel corso della sua esperienza, corredata da una serie di foto di scena. Quella che emerge è l’immagine di un uomo, Kubrick, totalmente ossessionato dai dettagli. Stupiscono i “pizzini” che il regista lasciava ad Emilio: dalla pettinatura dei cani alla cura dei gatti della vasta tenuta e quartier generale vicino Londra, dalle liste della spesa all’acquisto di migliaia di candele per Barry Lyndon, fino all’acquisto di decine di termometri per misurare la temperatura della casa nei week-end (!). Un regista infaticabile, abituato ad avere il controllo su ogni cosa, dentro e fuori dal set.
L’anima vera del documentario, tuttavia, risiede nel rapporto quasi archetipico tra servo e padrone, nonostante tra i due fosse nata una sincera amicizia. Kubrick chiedeva consiglio ad Emilio su ogni cosa – esilarante il commento dell’italiano su Jack Nicholson – ed era capace di gesti di profonda generosità, ma la maggior parte delle consegne dettate dal regista si basavano sulla granitica consapevolezza che il suo assistente avrebbe sempre, ad ogni costo, portato a termine il proprio lavoro. Le rinunce e i sacrifici furono innumerevoli, soprattutto familiari, ma anche legate alle proprie passioni. Nonostante Eyes Wide Shut sia farcito di omaggi a questo piccolo grande uomo, la dipendenza da questi si spingeva ai limiti della morbosità, sovrastandone il rapporto umano. S is for Stanley è un documento prezioso, spesso divertente, talvolta tragico, che ci racconta quanto la completa dedizione di un uomo semplice e caparbio sia servita a consacrare uno degli artisti più esigenti e influenti del Novecento.
S is for Stanley - Il trailer
Paolo Di Marcelli
