Le politiche conservatrici e di centro destra degli ultimi tempi hanno contribuito a trasformare la scuola pubblica in un pupazzo di legno, comandato dal governo e gestito dai potenti. Secondo recenti stime, in Italia, il 20 % degli studenti hanno abbandonato gli studi dedicandosi a portare avanti un progetto lavorativo che punta sempre meno all’arricchimento culturale. Da tutto ciò deduciamo che la scuola italiana, che secondo lo Statuto degli Studenti dovrebbe essere un luogo stimolante che fornisca ispirazioni ai giovani per creare, inventare e plasmare sempre nuove idee, è invece vista come un inderogabile obbligo, e quindi una situazione statica e decisamente poco interessante. Il perché è semplice da spiegare. Nella quasi totalità delle scuole italiane mancano i fondi necessari a svolgere le attività extrascolastiche didattiche e non: dai corsi di recupero svolti durante l’anno ai corsi d’arricchimento culturale destinati agli alunni, come la recitazione e il coro della scuola. I fondi edilizi destinati a migliorare appunto la strutture scolastiche vanno invece alle scuole private, come se non bastasse l’ingente contributo che le famiglie versano ogni mese, pari quasi a mille euro a retta. Di conseguenza, ricevendo la totalità del denaro dallo Stato, le scuole private non fanno altro che migliorare: nella didattica, nelle attrezzature e nella preparazione del corpo docenti. Così la disparità tra scuola privata e pubblica già evidente negli scorsi anni non farà altro che aumentare vertiginosamente.
Un altro degli argomenti più controversi sono i Test Invalsi, cioè dei test peraltro facoltativi che mirano a creare delle scuole di serie A e altre di serie B, senza agire effettivamente, ma solo per calcolare quali sono i casi più problematici,restando così a guardare. Gli Invalsi hanno dei quesiti non inerenti minimamente al programma scolastico, quindi spesso risultano particolarmente difficili ai ragazzi, che sono costretti ad esser valutati su tale elaborato.
La classe dei docenti si mobilita purtroppo solo quando le loro ore di insegnamento vengono (anche se minimamente) modificate. Quest’anno si parlava da 18 a 21, e spesso non manifestano il consenso agli studenti, in lotta contro una classe dirigente che punta più al privato (e quindi alla classe borghese) che al pubblico, accessibile per i meno abbienti.
L’arma che gli studenti possono usare contro questa scuola che diventa sempre più classista è la lotta : ogni tipo di lotta, da quella politica a quella culturale, perché è solo con la lotta che si raggiungerà una condizione sociale di eguaglianza, dove non regneranno le ingiustizie e i privilegi.
Yuri D’Alessio