Il film è stato presentato nella sezione Un Certain Regards della 68a. edizione del Festival di Cannes ed è stato accolto con grande entusiasmo dalla critica internazionale. Il celebre festival francesce, appena concluso, ha visto quindi Minervini al fianco della triade Garrone-Moretti-Sorrentino a rappresentazione del nostro paese. Dopo aver girato “la triologia del Texas” (The Passage, Low Tide e Stop the Pounding Heart) il regista italiano decide di spostarsi nello stato più vicino, ispirato da persone e protagonisti che hanno albergato nei suoi film precedenti. C’era una volta in America un territorio invisibile, ai margini della società, sul confine tra illegalità e anarchia, in cui vive una comunità dimenticata dalle istituzioni e che vorrebbe soltanto riavere indietro i propri diritti.
Quella comunità c’è ancora. Veterani in disarmo, minorenni taciturni, ex combattenti delle forze speciali che cercano un modo per esercitare ancora le loro virtù combattive: sono tutte storie che girano attorno a quella principale e si uniscono alla palude melmosa in cui si raggiungo gli abissi dell’America odierna.
Minervini entra in contatto con una popolazione massacrata dalla disoccupazione (circa il 60%) e distrutta dal consumo di droghe ma lo fa in punta di piedi, nascondendo la telecamera delicatamente per permetterci di entrare letteralmente in quel mondo che non è altro, è soltanto realtà, verità, crudeltà. Sì crudo e spietato oltre ad essere tenue.
Noi vediamo i corpi consumati e rudi di anziani alcolizzati o di deliri post-oppiacei o di situazioni amorevoli fra amanti; ma il punto è che li vediamo e grazie alle riprese così intimiste del regista italiano entriamo a stretto contatto con loro. Il rapporto fra Mark e Lisa rappresenta la storia che fa da collante al documentario e si configura come la metafora della Louisiana poiché anche se tutto va male e ci si rifugia nel crack per superare i dolori più marci, non si può fare a meno di dire con gli occhi lucidi di chi ancora spera: “oggi è una bella giornata”, “ogni giorno è un bel giorno”.
Un richiamo alla speranza tanto predicata da Obama, il bersaglio delle frasi dal calibro enorme come i proiettili che durante il film colpiscono la sua maschera, quasi a rafforzare le voci e i pensieri che durante il film dipingono l’attuale Presidente degli Stati Uniti come un doppiogiochista, un manipolatore che predica bene e razzola male, anche nei confronti delle comunità di colore. La realtà allucinata di Mark è messa in stretta relazione con un paesaggio altrettanto cupo e sudicio, in cui i sorrisi sporchi del protagonista germogliano dentro di noi fino a straripare negli animi più profondi.
Empaticamente si tratta di un film perfetto. Riesce a fare da spola tra la crudità e la simpatia, tra il lerciume delle abitazioni e i sogni delle persone. Un film politicamente importante poiché da voce a chi non ne aveva, ai disagiati dell’America ormai dimenticata da tutti.
Louisiana : la locandina ufficiale