John ed Erik Dowdle, ancora una volta insieme, cambiamo il loro campo d’azione e lasciando da parte il filone horror (Necropolis, Quarantena) si immergono in quello del cinema …
Già bella domanda, in che genere incastonare la storia sceneggiata dai due, diretta da John e prodotta da Drew? Quella che portano sullo schermo è la vicenda di una famiglia normale, con il capo famiglia (un Owen Wilson che raramente si è cimentato prima in un ruolo del genere) che trascina il nucleo familiare dagli Stati Uniti nel Sud Est Asiatico per lavoro (nel 2006 a John capitò quasi la stessa cosa, benchè senza le stesse atrocità che saranno costretti a incontrare i protagonisti del film, in Tailandia a fianco del padre).
Il colpo di stato che li accoglie proprio il giorno del loro arrivo li catapulta in un inferno senza fine e senza via d’uscita. La caccia allo straniero lanciata dai ribelli è di quelle che non fanno prigionieri e la fuga disperata è l’unica possibilità.
Ecco allora che il film drammatico si trasforma in uno d’azione. Un’azione incalzante che tiene il fiato per tutti i 103’ del film.
Se fosse solo questo basterebbe per strappare davvero una bella recensione. La spinta a volere di più e lasciare un messaggio fa traballare il tutto. Alcune scene sono davvero al limite dell’inverosimile come quella girata sul tetto dell’albergo che ospita la famiglia Dwyer.
Buona l’idea di non fare di uomo normale come quello di Jack Dwyer (O.Wilson) un personaggio alla Richard Kimble di Harrison Ford. Wilson purtroppo non tiene come dovrebbe ed in alcune circostanze sembra un po’ spaesato.
Lodi invece per Pierce Brosnan relegato in un ruolo solo apparentemente marginale e che invece si rivelerà riuscitissimo. Cinico, divertente e fascinoso come ai tempi di Bond, il suo personaggio saprà costituire la saldatura perfetta della trama.
La famiglia con le sue dinamiche interne è il fulcro della storia. Quanto il volerla tenere unita può far cambiare un uomo? Forse la risposta la sapete già ma sdraiati in sala, con un racconto tutto sommato interessante, avere una conferma o meno alle proprie supposizioni è assai meglio.
Si può fare, con moderazione, ma si può fare.
Un servizio a cura di Alessandro Giglio