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Everest, la recensione

Giovedì, 24 Settembre 2015 10:57

Presentato in anteprima a Venezia 72, arriva oggi 24 settembre, nelle sale italiane Everest,  il nuovo film di Baltasar Kormákur distribuito da Universal Pictures.

Basato su una storia vera, la trama ripercorre le vicende di un gruppo di uomini impegnati nella scalata della vetta più alta del mondo.

Siamo nel 1996 e la compagine di cui parliamo non è composto solo da scalatori professionisti sebbene una di loro abbia avuto l’onore di scalare sei dei sette picchi più alti della terra. La storia non è la sua ma di un gruppo di uomini comuni con una passione enorme. Tale che li spinge a cimentarsi in una impresa ai limiti dell’impossibile. “Il corpo umano alla soglia di volo di un 747 smette di funzionare”, questi e altri ammonimenti saranno esposti dall’equipe medica che fa parte dell’agenzia “Adventure Consultants” che si occupa di preparare e “scortare” i turisti in vetta.

A capo della spedizione c’è un Jason Clark encomiabile e sfaccettato. Il cast gira al meglio insieme e ogni tassello, impreziosito da prove sopra le righe, si compone in un puzzle omogeneo.

E’ il caso di Jake Gyllenhaal capo di un'altra agenzia e dall’approccio completamente diverso da quello del personaggio di Jason Clark. Vale lo stesso per Keira Knightley, moglie in dolce attesa di quest’ultimo, come pure per Emily Watson e per un possente Josh Brolin, medico texano con il pallino della scalata.

Nessuno sovrasta l’altro perché la coralità e il gruppo è il vero perno su cui la storia si basa. Lealtà, squadra e sacrificio degli uni per gli altri in condizioni estreme danno l’unica possibilità di tagliare il traguardo in sicurezza.

Il film inizia col raccontarci come si crei quell’amalgama, tratteggiando i caratteri e le peculiarità di ogni interprete. La sfida è enorme e cosa spinga un uomo ad intraprenderla è l’altro nucleo del racconto.

Il regista islandese pesa col bilancino le componenti adrenaliniche, l’azione e il dramma. Gli scenari mozzafiato gelano e incantano restituendoci passo dopo passo le sensazioni di quel manipoli di uomini forti, caparbi e un po’ folli.

Vi scoprirete a sospingerli o addirittura ad immedesimarvi con loro fino a piangere dalla gioia per l’impresa del postino che scalò la cima dell’Everest.

Sebbene alcuni lo abbiamo catalogato così, il film non può accostarsi al filone catastrofico, non ne ha il passo e non ne ha l’intento. Il resto lo fanno l’ottima  fotografia di Salvatore Totino e gli scenari da brivido girati tra il Nepal, la Val Senales in Trentino, i Pinewood Studios e persino Cinecittà .