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Dobbiamo Parlare, la recensione del nuovo film di Sergio Rubini

Mercoledì, 21 Ottobre 2015 01:38

Alla fine doveva pure accadere.  Eravamo arrivati indenni al sesto giorno di Festa del Cinema di Roma con un filotto di bei film. La crisi del settimo giorno era annunciata e così è stato.

Duole dire che il primo film a farci storcere il naso arriva da casa nostra con "Dobbiamo parlare" di Sergio Rubini.

>E' forse un pò ingeneroso ma non tropoo distante dalla realtà l'accostamento tra il Vanni che Rubini interpreta e la sua vicenda da regista.

Vanni è uno scrittore in crisi d'ispirazione, Sergio un regista crediamo con le stesse difficoltà. Dopo l'ottimo esordio che ne l '90 gli valse il Nastro d'Argento e il David di Donatello con "La stazione", Rubini sembra aver perso lo smalto d'un tempo e a due anni di distanza da "Mi rifaccio vivo" con Solfrizzi e Marcorè, si riaffaccia alla regia con gli stessi deludenti risultati.

"Dobbiamo parlare" è una specie di riproposizione di "Carnage", o per restare in campo italiano de "Il nome del figlio" della Archibugi, recente remake( chiamiamolo per quello che è) del francese "Cena tra amici".

Una coppia, Linda (Isabella Ragonese) e Vanni (Rubini) sta per uscire con l'editore di quest'ultimo quando si abbatte una piccola tragedia familiare su una loro coppia di amici.

Costanza ( Maria Pia Scalzone) ha appena scoperto il tradimento di suo marito Alfredo ( un caricaturale Fabrizio Bentivoglio che, come ne "Il capitale umano", non ci convince), chirurgo romano mezzo "Monnezza" e mezzo "Califfo". Prima piomberà nel loro attico di via del Corso a Roma Costanza e poi Alfredo.

I due finiranno per confrontarsi proprio li davanti a Vanni e Linda svuotando tutte le loro recriminazioni, le loro frustrazioni, tirando fuori il peggio di sè e vomitandolo in faccia al compagno. Urla, strilli, invettive e accuse in un film già visto e che sostanzialmente ha stancato.

Alfredo e Costy (l'odioso nomiglolo di Costanza) vampirizzano i loro amici e accendono la miccia tra Vanni e Linda, coppia che all'apparenza sembrava perfetta. Ci sono attimi ovviamente divertenti e le interpretazioni di Rubini e Ragonese sono pur apprezzabili. Ci sono le ormai solite punzecchiature a quella sinistra radical chic arroccata in palazzi borghesi che ormai sanno già si stantio ( "Il nome del figlio" torna ancora a riecheggiare).

Trama un pò scontata e fastidiosetta in alcuni frangenti. Come pure nel film dell'Archibugi dopo mille invettive si ballerà, solo che qui al Dalla di "Telefonami tra vent'anni" è rimpiazzato da Pharrel Williams di "Happy". Non vi sveliamo come finirà ovviamente, abbiamo detto già abbastanza.

Alla prossima puntata.

 

 

Un servizio di Alessandro Giglio