Nelle sale italiane dal 26 NOVEMBRE.
Un unico mondo accomuna i tre protagonisti di questa fiaba contemporanea: il poeta Jean Jacques Renou (interpretato da Luca Lionello) è un personaggio ottocentesco, oppresso dal senso di colpa, dalle ossessioni del passato che ritornano e dalla vita fallimentare che lo ha ridotto a vivere solitario in un seminterrato sporco e senza uscita. L’unica sua via di fuga dalla realtà della solitudine è la scrittura, la passione per la quale vive da sempre. Compie così l’opera intitolata Fantasticherie di un passeggiatore solitario che riporta palesemente alla quasi omonima opera ultima dell’intellettuale Jean-Jacques Rousseau (Le fantasticherie del passeggiatore solitario).
La storia narra di un bambino smarrito nel bosco, in cui intraprende un viaggio metaforico per imparare cosa è la vita.
In questa fiaba cinematografica, forse il protagonista vero e proprio è Theo (Lorenzo Monaco), un giovane dei nostri tempi, laureando in filosofia, che ha la bizzarra predilezione nell’appassionarsi di libri incompiuti. Trova casualmente l’opera maledetta di Renou che è, appunto, privo di finale; pertanto il ragazzo, incuriosito e presissimo dal manuale, vuole realizzare la conclusione della “Fantasticheria n° 23”: l’ultima “ricetta” che conduce in un luogo straordinario noto come Vacuitas. Inizia così la misteriosa avventura di Theo.
Un lungometraggio riflessivo, profondo e accattivante non solo per la sua storia e il montaggio intrecciati, ma anche per la tecnica di stop-motion e live-action, ben realizzate dal lavoro artigianale e paziente che affascina lo spettatore minuto per minuto. La minuziosità dei dettagli dei pupazzi di plastilina e degli effetti speciali rende tutto molto etereo e metafisico. Una visione sorprendente e di tutto rispetto, propriamente fuori dal comune.
La notevole capacità recitativa degli attori, anche se un po’ teatrale, rende l’atmosfera lenta, densa e fantasiosa, come vuole la storia stessa: colma di riflessioni, illusioni e pensieri.
I riferimenti letterari sono molteplici e presenti in tutta la durata del film: da Dante ad E.A.Poe, da Rousseau e Nietzsche a Pinocchio e Alice nel paese delle meraviglie. Un’opera originale, con nette sfumature filosofiche e letterarie esaltate dall’ animazione in stop-motion, che ricorda lo stile di Tim Burton, molto apprezzato dal regista stesso.
E’ ostico dire quale possa essere il tema principe di questa opera cinematografica, considerando che pullula di metafore, soprattutto con riferimenti a fallimenti generazionali.
Gaudio ha quindi utilizzato un approccio insolito e ambizioso, premiato dalla qualità del lavoro che gli conferisce uno stile unico, una vera e propria firma che ha permesso al cinema italiano di emergere in un modo innovativo e selettivo. Dopo il flop del cortometraggio Attraverso la lente, questo giovane regista ha ritrovato la redenzione delle sue fantasticherie (la Vacuitas) attraverso la compiuta realizzazione di un’opera che si è meritata i dovuti premi in alcuni festival internazionali. Dopotutto “sbagliando si impara” e Gaudio ha imparato a non porre limite alle sue creazioni, nonostante le difficoltà, regalandoci una nuova pellicola tutta da scoprire.
di Sofia Stella