Il nuovo film del caro Woody è un passo avanti rispetto a quelli che ha sfornato negli ultimi anni, e già migliorare a ottant'anni suonati è una gran cosa. Siamo sicuramente sopra i vari patemi amorosi di benestanti squinzie americane per uno stereotipato amador spagnolo o i cliché di una Roma vista da Oltreoceano, ma ancora decisamente lontani dal dominio dell'originalità. La storia è quella di Abe (Joaquin Phoenix), un professore di filosofia che-proprio-non-c'ha-voglia che rimane molto colpito dal saggio di una sua alunna figa (vi ricorda qualcosa?) con la quale inizierà una relazione dopo aver riscoperto la bellezza della vita, che consisterebbe, stringendo un po', nel sopprimerne un'altra. Tutto molto bello, se non fosse per due-tre difetti che adesso elencherò in ordine sparso.
La voce fuori campo andava evitata, sia perché in generale è una scelta che raramente ripaga in termini di godibilità del film, sia perché - se proprio non se ne può fare a meno - dev'essere ben giustificata all'interno della narrazione. Qui, naturalmente, non è stato fatto, e per giunta ci sarebbe anche un grosso problema di cronologia che non voglio scrivere qui "causa spoiler".
I dialoghi macchinosi dànno un senso d'irrealtà che la bravura degli attori non riesce a nascondere. Phoenix e Emma Stone (la studentessa) sono bravi. Il primo si mangia ogni scena (così tante che forse è per quello che mostra un pancia davvero notevole). E la Stone, oltre ad avere tantissime espressioni, per il 99% delle scene gira con degli shorts e con dei vestitini cortissimi. Brava la Stone. Ma torniamo ai difetti.
(Ora, la recensione mi sta venendo più cattiva di come avrei voluto: tutto sommato il film non è male! Ma da Woody ci si aspetta qualcosa in più. Gli direi: Woody, oramai hai una certa età, lo sappiamo che sei bravo e i tuoi figli sono belli e sistemati; quindi, se ti viene un'idea passabile, ecco, passala a un giovane di belle speranze)
La colonna sonora è in stile Birdman, con musichette allegre che accompagnano anche le scene più drammatiche, tanto che la sensazione finale è quella di un Match Point con Alka Selzter. Senza contare il fatto che la prima mezz'ora di film è noiosetta, e solo il progetto del protagonista per un mondo migliore (che consiste, come dicevo, nell'omicidio) spazzerà - seppure per poco - l'odore di déjà vu. Sul film, inoltre, insiste il tema della Filosofia, e se ne parla anche, ma come può parlarne mio cugino che lavora al bar qua sotto (senza offesa per mio cugino); voglio dire che chi se ne intende (di filosofia, non di bar) avrebbe decisamente qualcosa da ridire (o da ridere).
Tutto ciò, insieme a una locandina francamente...orribile, ha l'aria di un compitino svogliato. Sì, c'è il dilemma morale che, voglio ricordare, non hanno inventato gli americani e sì, sulla locandina c'è scritto Woody Allen, ma questo è autocitazionismo, fan service.
di Mario d’Angelo