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Hitler nella Berlino di oggi in "Lui è Tornato"

Domenica, 24 Aprile 2016 15:57

Evento speciale Nexo Digital, arriva in sala dal 26 al 28 aprile Lui è Tornato, il film tratto dall’omonimo romanzo di Timur Vermes. Un adattamento a metà tra intrattenimento e docu-film, che ha il pregio di esplodere in un finale inaspettatamente inquietante.

Hitler che torna nella Berlino di oggi, dapprima spaesato ma subito pronto a rimettere in marcia la sua follia. Comincia così Lui è Tornato il nuovo film di David Wnendt, regista tedesco specializzato nel portare sul grande schermo romanzi difficili da adattare al cinema (si pensi a "Wetlands", presentato al Festival di Locarno nel 2013), che anche stavolta, tutto sommato, riesce nell’impresa aggiungendo un interessante punto di vista concettuale. Improvvisamente il Führer si risveglia in un giardino pubblico, vaga disorientato nel centro della città diventando protagonista di centinaia di selfie, fino a trovare rifugio da un edicolante; ospitandolo per qualche notte nel suo retrobottega, questi gli darà la possibilità di leggere voracemente giornali e riviste per aggiornarlo sui cambiamenti degli ultimi settant’anni. Subito dopo, un video reporter appena licenziato alla ricerca di uno scoop che gli faccia riavere il lavoro, gli propone di fare un viaggio insieme lungo la Germania per documentare le reazioni della gente. Ovviamente, sia il giornalista, sia l’edicolante, sia tutti coloro che vi si imbatteranno, sono convinti che l’uomo in uniforme sia un eccentrico attore, carismatico e identico all’originale, affetto da manie di grandezza.

A dispetto del trailer e dalla comunicazione pubblicitaria del film, chi si aspetta una commedia nera, magari cinica e politicamente scorretta, rimarrà deluso. I tentativi di far ridere sono molti, ma ne vanno a segno pochissimi - più che altro, si tende a sorridere. Un andamento, peraltro, che si protrae fin troppo – la pellicola dura quasi due ore – prima del (in)felice finale. Tuttavia, Lui è tornato si segnala per tre punti di forza che, al di là dall’essere innovativi, ne rivelano la natura teorica e un’interessante riflessione sociologica. 

I PARADOSSI

Vagliando le attuali forze politiche tedesche, Hitler simpatizza per i Verdi: “Sono gli unici che hanno a cuore la terra germanica”. E come dargli torto. Scosso dall’inquinamento e dalle conseguenze del consumismo mutuato dagli Stati Uniti, il protagonista mostra il suo beneplacito a uno dei partiti meno di destra di sempre. Si ride, almeno in questo caso. Inoltre, il nostro redivivo trova l’ostilità dei gruppi neonazisti, che lo incolpano di essere diventato uno zimbello televisivo.

IL DOCU-FILM

David Wnendt ha girato più di 380 ore di materiale seguendo Oliver Masucci e Fabian Busch (rispettivamente Adolf Hitler e il reporter Fabian Sawatzki) che interagiscono non con altri attori, ma con persone comuni realmente incontrate per strada. Dalle grandi città alla provincia, la risposta popolare alle idee del Führer su come risolvere i problemi della germania – dalla questione immigrati e rifugiati all’informazione inadeguata, passando per la tv spazzatura e il patriottismo estinto – mostra, in molti e preoccupanti casi, idee pericolosamente reazionarie e un’assoluta assenza di memoria storica. Questa parte occupa circa la metà della pellicola, fornendo un apporto interessante e rivelatore.

IL FINALE

Negli ultimi minuti, Lui è tornato muta radicalmente registro. Gli spunti seminati durante lo sviluppo della vicenda, spesso forieri di qualche sbadiglio, maturano in un epilogo drammatico e fortemente simbolico, che attualizza con una lente distopica l’epopea nazista focalizzando il baricentro del potere sui media – in particolare sulla televisione. Se un simile cambio di passo fosse sopraggiunto qualche sequenza prima, avrebbe senza dubbio aggiunto valore e qualche emozione in più.

Un’opera che non manca, inoltre, di ingraziarsi il favore dei cinefili avvalendosi di un discorso meta-letterario e meta-cinematografico. Da segnalare, infine, una divertentissima citazione del ben più solido "La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler" (2004), di Oliver Hirschbiegel, e l’ottima scelta di casting che ha portato Oliver Masucci, 1 metro e 95 di bravura e carattere (perché il protagonista di Lui è tornato deve innanzitutto bucare lo schermo televisivo) ad interpretare un Adolf Hitler magnetico, talvolta impacciato, all’occorrenza affascinante e, una volta tornato in auge, più spietato che mai. 

di Paolo Di Marcelli