Ci sono storie vere tanto assurde da sembrar tutto fuorchè reali. Gli Stati Uniti d'America sono uno di quei paesi in cui storie tanto strane, però, possono accadere. Trame bizzarre, avvincenti e straordinarie; scalate repentine verso il "$ucce$$o", con le tre $ che profumano di dollari. Tanto per fare un esempio abbiamo ancora negli occhi l'appassionante vicenda di Jordan Belfort che Di Caprio e Scorsese hanno portato al cinema nel 2013 con "The Wolf of Wall Street". Per rimanere in scia, il protagonista del film di cui vi parliamo oggi, "Trafficanti", è Jonah Hill, che proprio in "The Wolf of Wall Street", interpretando uno straripante Donnie Azoff, strappò la sua seconda candidatura agli Oscar come Miglior Attore non Protagonista.
L'attore 33enne è il motore su cui ruota "Trafficanti", affiancato da Miles Teller che regala ancora una buona prova dopo averci stregati in "Whiplash". Benchè sia Hill a fare da traino, le vicende sono raccontate dal punto di vista di Teller/Packouz. La storia dei due poco più che ventenni Efraim Diveroli e David Packouz viene alla ribalta grazie ad un articolo di Rolling Stones del 2011. Gli elementi per farne un film c'erano tutti. In fondo farsi beffe del "Sistema" e scoprire il modo per arricchirsi è il sogno proibito di milioni di persone, e quando qualcuno ci riesce suscita simpatia immediata, curiosità e attenzione, nel peggiore dei casi.
I due sono vecchi compagni di scuola che si incontrano nuovamente dopo tanti anni ad un funerale. La miccia con Donnie si innesca facilmente. David è alla ricerca di un lavoro dopo la nascita di sua figlia: l'incastro è questione di attimi.
"Non si tratta di essere pro o contro la guerra. Le guerre ci saranno sempre che noi lo si voglia o meno. Si tratta di essere pro o contro i soldi". E' partendo da questo assunto che Efraim trascina David in un'avventura che li porterà, in meno di 18 mesi, a diventare multimilionari, sfruttando una falla nel sistema di approvigionamento di armi dell'esercito degli Stati Uniti. Prima, durante il conflitto iracheno, e subito dopo, strappando un contratto da 300 milioni di dollari per la fornitura di armi alle truppe statunitensi in Afghanistan. Un passo forse troppo lungo per i due audaci, scaltri ma in fondo anche inesperti ragazzi.
La storia già di base offriva un piatto assai ghiotto, ma senza una regia valida supportata da una sceneggiatura accattivante e spiritosa il risultato non sarebbe stato così immediato. Todd Phillips rimette insieme parte della squadra collaudata della trilogia di "Una notte da leoni". Ci sono il direttore della fotografia, lo scenografo ed il montatore Jeff Groth. La sceneggiatura è frutto di un lavoro dello stesso regista, in compagnia di Stephen Chin e Jason Smilovic. I produttori sono Phillips e un Bradley Cooper, coinvolto anche come interprete in un ruolo oscuro e niente affatto trascurabile.
E' una commedia, ma dai risvolti "drammatici", in fondo. Politica, società, affari e cinismo si incastrano brillantemente. Divertire facendo riflettere e conoscere meglio le pieghe meno nobili delle nostre democrazie è possibile. I protagonisti trovano la perfetta alchimia in due caratteri diversi che, malgrado tutto, marciano uniti fino in fondo, o quasi. Da non trascurare infine le musiche di Clifford Martinez e tutta la colonna sonora, che ci regala, tra gli altri, Beastie Boys, House of Pain, Iggy Pop, Wolfmother e Creedence Clearwater Revival. Può bastare?
di Alessandro Giglio