Chi scrive sta cercando di recuperare frettolosamente la sterminata filmografia di Werner Herzog. Un dovere tutt’altro che completistico, giacchè lo stile di Lo And Behold, e la forma cinematografica che lo caratterizza, infondono alla narrazione documentaristica un preciso punto di vista che merita di essere approfondito. Considerati i più di cinquanta titoli che compongono l’opera omnia del regista di Fitzcarraldo, il binge whatching si preannuncia vibrante.
Quando e perché è nata Internet? Ci si può ammalare? Qual è il livello raggiunto dalle intelligenze artificiali? Esistono luoghi sulla Terra privi di qualsiasi radiazione elettromagnetica? Cos’ha combinato l’hacker più pericoloso del mondo? Saremmo in grado di vivere senza una connessione? Presentata all’ultima edizione del Sundance Festival, la pellicola di Herzog non si pone soltanto al servizio di un’attenta divulgazione, mai scarna o impersonale, ma suggerisce, senza la pretesa di un’esaustività impossibile da ottenere, una necessaria riflessione sul mondo interconnesso al quale ci stiamo affidando.
Lo And Behold, presentandoci una realtà affascinante, non priva di derive distopiche, serve tuttavia più a Herzog che a noi. In una recente intervista su Il Venerdì di Repubblica, l’autore di Grizzly Man ha confermato la propria ritrosia nei confronti dei social network e in generale di tutto ciò che ruota intorno al web. È questo il fuoco vero del documentario, ovvero la quasi totale impreparazione del regista sulla materia trattata. La prospettiva è quella di un artista abituato all’autenticità, al rapporto embrionale con la natura e innamorato dell’uomo che soffre la modernità. In questo senso, il film aggiunge un tassello alla riflessione herzoghiana concentrandosi sull’umanità post-moderna.
Internet, in questo senso, inteso sia come connessione di persone ma anche di oggetti e robot, rappresenta la chiave per ammirare inedite opportunità di crescita intellettuale e segnalare preoccupanti regressioni sotto il profilo evolutivo. Niente di nuovo (tutti conoscono le due facce delle nuove tecnologia), ma Herzog è un maestro del racconto emotivo e della suggestione. Ecco quindi che i tanti personaggi (e le personalità) intervistati vengono immortalati carpendone il sogno, la disillusione, il rimpianto, la speranza, utilizzando un’alternanza dei piani tutta tesa all’introspezione. Il risultato è una composizione eterogenea in dieci capitoli, disposta a raggiera e ponendo, dunque, l’uomo contemporaneo al centro del cerchio.
P.s.: Per chi volesse, invece, conoscere esaustivamente lo stato dell’arte delle intelligenze artificiali, del quale Herzog mostra una pur spettacolare ma breve serie di immagini, consigliamo l’inchiesta di di Presadiretta del 5 settembre.
di Paolo Di Marcelli