La passione di Cristo gli costò pesanti accuse di antisemitismo, rinnovate dopo gli insulti a un agente di polizia nel 2014. Nel mezzo, i maltrattamenti e le minacce all’ex moglie, costose cause legali, la dipendenza dall’alcol e l’esilio da Hollywood. Potevamo aspettarcelo malconcio e arrugginito, e invece Mel Gibson riprende la macchina da presa col consueto vigore e una ritrovata sensibilità.
La battaglia di Hacksaw Ridge, presentato fuori concorso all’ultimo festival di Venezia, ribadisce la devozione del cineasta americano nei confronti di un cinema epico classico e spettacolare. Un percorso cominciato e subito premiato dall’Academy con Braveheart, dove un uomo comune (ma con un coraggio fuori dalla norma) era chiamato all’azione per proteggere e affermare i propri valori e quelli della propria comunità. Una cifra tematica che segna la successiva filmografia fino alla storia vera di Desmond Doss, il giovane obiettore di coscienza che nel 1945 fece di tutto per partire insieme alle truppe statunitensi alla volta di Okinawa, sul finire della seconda guerra mondiale. Religiosissimo, innamorato di un’infermiera (come la prima moglie di Gibson) e contrario alla violenza e all’uso delle armi fino all’ossessione, riuscirà a raggiungere il campo di battaglia come soccorritore e – clamorosamente, per sua strenua volontà – sprovvisto del fucile, completamente indifeso. Intervistato al Lido, il regista ha condannato ogni tipo di guerra ma ha espresso la propria ammirazione nei confronti di tutti i soldati e i reduci. Un sentimento reso perfettamente dal film, nettamente diviso in due parti.
Durante la prima ora, conosciamo a fondo il protagonista sin dalla meravigliosa scena in cui, ancora bambino, per poco non uccide il fratello con una pietra. Nasce così, alludendo all’episodio del Vecchio Testamento, la svolta pacifista di Desmond, figlio di un padre violento e alcolizzato interpretato da uno Hugo Weaving che dimostra, quando il copione glielo permette, di liberare una straziante intensità. Subito dopo, facciamo un salto in avanti di quindici anni per ritrovare nuovamente una pietra, identica alla prima, ancora nelle mani di Desmond: stavolta gli servirà per salvare un uomo dalla morte. É con simili artifici, banalmente riconoscibili ma funzionali al cinema popolare di Gibson, che assistiamo a un’America solare, nostalgicamente da cartolina, teatro della love story tra il ragazzo e Doroty, una Teresa Palmer dallo sguardo angelico. Un mondo ideale, in cui i padri alcolizzati, ormai vecchi e innocui, non fanno più paura, che va quindi servito e protetto con l’arruolamento volontario. L’addestramento sarà durissimo e Desmond subirà un processo a causa del rifiuto di imbracciare il fucile, ma alla fine riuscirà a partire per la guerra.
La seconda parte, in Giappone, comincia con lo sguardo funereo, se non proprio dei reduci, di coloro che tornano al campo base dopo essere miracolosamente scampati alla carneficina. Niente più cieli limpidi e colori brillanti, ma uno scenario spettrale e nebuloso che ci porta dritti nell’orrore. Hacksaw Ridge è la linea nemica impossibile da oltrepassare, alla quale si accede soltanto scalando un’altissima parete rocciosa, ed è lo scenario in cui il regista, che ha dichiarato di aver immaginato le sequenze belliche come un incessante evento sportivo, sfodera tutto il suo talento. Quasi venti minuti, infiniti, di mitragliate assordanti, esplosioni letali e corpi dilaniati ad altissima tensione e ritmo implacabile. Un gore fatto di tutte le inquadrature possibili, dai primi piani al campo lungo, con la ricerca del dettaglio che segnala ogni volta l’aberrazione di tutto il benessere evocato nella prima ora. É qui che Desmond compirà l’atto eroico, anch’esso ripreso senza sintesi e cesure, che lo consacrerà alla Storia.
Andrew Garfield, in corsa agli Oscar come miglior attore protagonista, passa con estrema disinvoltura dagli slanci vitali del migliore amico che tutti vorremmo avere alla cieca disperazione della trincea. Le candidature tecniche, oltre al montaggio sonoro e al mixaggio, riguardano il lavoro di John Gilbert, già nominato per il montaggio de Il signore degli anelli – La compagnia dell’anello. La battaglia di Hacksaw Ridge è un’opera profondamente patriottica, forse datata nella scrittura (in particolare la prima parte) ma capace di coinvolgere, soprattutto emotivamente, gli amanti di un cinema tradizionale poco impegnativo e dal grande impatto visivo. Un film di guerra senza che il protagonista spari un colpo: un mezzo primato. Con La La Land super favorito e Lion e Moonlight pronti a sorprendere, il film di Mel Gibson ha ben poche speranze come miglior film. Tuttavia, sul red carpet piú famoso del mondo, per quello che può valere, l’eroe di Mad Max e Arma letale ha tutto il diritto di godersi l’attenzione che merita.
di Paolo Di Marcelli