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C'erano anche loro a Roma nei giorni scorsi per presentare "La battaglia dei sessi" e noi di RLT li abbiamo incontrati. L' esordio è folgorante con Little Miss Sunshine nel 2006, sei anni dopo regalano al pubblico Ruby Sparks ed ora, dopo una pausa di 5 anni, sono di nuovo nei cinema.
Nel bel mezzo della battaglia elettorale per la Casa Bianca, i due cineasti ritengono che questa sia l'occasione giusta per riaccendere i fari su una storia di cui forse molti ricordano poco o nulla ma che negli anni 70 ebbe un'eco incredibile ed i cui sviluppi influenzarono positivamente il mondo del tennis in particolare ma non solo. La battaglia dei sessi non è un titolo enfatico scelto ad hoc, ma il nome che nel 1973 fu dato ad una partita di tennis tra Billie Jean King ( Emma Stone) , allora ventinovenne e numero 2 del mondo e Bobby Riggs, ex numero uno e con 55 primavere sulle spalle. Andiamo con ordine.
LA TRAMA
Nei primi anni 70 il tennis femminile è quasi una appendice di quello maschile. Non perchè non fosse seguito, tutt'altro, eppure le tenniste venivano pagate fino a otto volte meno dei colleghi maschi. A sollevare la questione è la tennista americana Billie Jean King che, supportata da alcune delle sue migliori colleghe, decide di staccarsi dalla federazione americana tennis e crearne una separata: la WTA . Dapprima quasi derisa da Jack Kramer ( Bill Pullman) e soci e poi osteggiata, la King riesce nel miracolo. Potrà vantare di li a poco d'esser stata la prima donna nel tennis a guadagnare in un anno 100000 dollari, con telefonata annessa del presidente degli Stati Uniti di congratulazioni.
Il film ci racconta le modalità che portarono alla creazione della WTA ma ad un secondo livello anche le vicende personali della tennista di Long Beach. Sposata da qualche anno con Larry King, Billie si infatua della parrucchiera Marylin Barnett ( Andrea Riseborough). Uguaglianza tra sessi da un lato e comprensione ed accettazione della propria identità sessuale dall'altro, queste sono le battaglie pubbliche e private che la protagonista cerca di portare avanti.
Coprotagonista alla pari è Bobby Riggs ( uno strepitoso e camaleontico Steve Carell). Egli incarna una delle prime grandi celebrità mediatiche auto prodotte. Istrionico, sciovinista, maschilista, brillante, politicamente scorretto, l'ex tennista lottava contro il vizio del gioco d’azzardo. O meglio , era sua moglie Priscilla (Elisabeth Shue) che ne aveva fatto le spese e gli stava alle corde per cercare di "raddrizzarlo". Quello che venne fuori dallo scontro prima mediatico e poi sportivo fu uno spettacolo culturale che diede vita a grandi dibattiti, lasciando una traccia importante e permanente.
COSA CE NE PARE
La cosa che salta agli occhi da subito è una perfetta ricostruzione degli ambienti, dei costumi e delle scene. Andatevi a vedere le foto dell'epoca ed il confronto vi farà impressione per l'abilità di costumisti, scenografi e truccatori. I due attori sono davvero somiglianti ai veri personaggi. Emma Stone, quella fisicamente un pò più distante, ha lavorato sodo mettendo su 7 kg di massa muscolare e dedicando a lunghe sessioni di tennis. Il risultato è davvero ottimo. Strabiliante ancora una volta Carell per somiglianza fisica, intensità e capacità di lavorare su più registri rendendo a pieno tutta la complessità di un uomo dai due volti. Sfrontato eppure anche tenero e quasi indifeso.
Bravo Carell ma bravi registi e sceneggiatori a tratteggiarne il volto. Non è una crociata tra uomini a donne quella che cercano Jonathan Dayton e Valerie Faris ma una ricerca più intima su una pagina di storia che fu seguitissima con una copertura televisiva che toccò 90 milioni di spettatori e portò sulle tribune più di 30mila persone.
Un film interessante ma che qualche lacuna ce l'ha. Forse troppo lento nella prima parte e con un paradosso in sè. La locandina del film riporta questa frase: lui fece una scommessa, lei fece la storia. Va dunque ben sottolineata la portata dei due intenti e dei risultati. Benchè probabilmente vera l'affermazione, il risultato finale del film è contraddittorio. Per certi versi si esce dalla sala con la voglia di saperne più riguardo alla vita di Riggs che non della King. Malgrado questo il film è pur sempre godibile alternando con equilibrio momenti comici ad altri drammatici. Se ci si aspetta di ritrovare trame alla Little Miss Sunshine ne resterete probabilmente delusi. Ci sono pochi guizzi ma era il racconto che non lo permetteva. Tutto sommato il risultato è buono e la visione può essere certamente consigliata.
di Alessandro Giglio