Ispirato al romanzo cult omonimo firmato da Ernest Cline, cosceneggiatore del film, Ready Player One è una bomba atomica, non ci giriamo troppo intorno.
Spielberg ci trascina nel 2045 in un futuro distopico e dominato dalla realtà virtuale, unica via per sopravvivere ad una realtà così cruda e alienante. Oasis, l'universo virtuale creato dalla mente di James Halliday insieme all'ex migliore amico Ogden Morrow ( Mark Rylance sugli scudi e Simon Pegg), è la valvola di sfogo per un mare di persone ed anche per il protagonista di questa storia: Wade Watts, interpretato da Tye Sheridan. Un mondo davvero libero in cui gli unici paletti sono dati dalla propria fantasia. Si può cambiare nome , genere e attitudini accumulando esperienza. Alla morte il suo inventore lascia l'opportunità a chi saprà conquistare tre chiavi tramite altrettante sfide, di trovare l'easter egg e avere così il completo futuro controllo su Oasis. Un'orda di players si getta a capofitto nell'impresa, ma anche e soprattutto la seconda più grande azienda del mondo i cui fatturati sono strettamente legati al mondo di Oasis: IOI (Innovative Online Industries). Esserne padroni per loro diverrebbe fondamentale, ecco perchè in tutti modi, anche e soprattutto illeciti, sono pronti a distruggere chiunque si frapponga tra loro e il ritrovamento dell'easter egg.
Come già diversi film e serie tv stanno facendo ( non ultimo il caso eclatante di Stranger Things), il romanzo prima e ancora il film attingono agli anni 80 con infiniti rimandi ad oggetti icona del decennio. Dall'auto di Wade alias Parzival, la DeLorean di Ritorno al Futuro al Gigante di Ferro di Ted Hughes nell'officina di Aech. Ci passano davanti come in un vortice la moto di Akira, Freddy Krueger, il T-Rex di Jurassic park, King Kong a sbarrare la strada ai racer in corsa per la chiave numero 1, lo squarta-campeggiatori Jason Voorhees, la bambola assassina Chucky, Godzilla contro Gundam, Robocop, la Batmobile, i videogiochi Atari.
Non è secondaria la musica in questo viaggio negli eighties . Si mettono subito le cose in chiaro con Jump dei Van Halen,uno dopo l'altro i Tears for Fears di Everybody wants to rule the world, Joan Jett con I hate myself for loving you, Faith di George Michael, Blondie di One way or another , Depeche Mode di World in my eyes, con l'apoteosi personale dei Twisted Sister di We're not gonna take it, ( e Billy Idol sulla scrivania di Halliday dove lo metti?) il tutto accompagnato dalla colonna sonora originale a cura di Alan Silvestri .
Avventura e analisi sociale vanno a braccetto, citazionismo spinto, riflessione sull'accettazione di sè sono alcuni degli elementi con cui Steven gioca con grande sense of humor. I nerdoni ci sguazzeranno come matti, i nostalgici anni 80 pure, ma in fondo è un film complesso e perfetto per accontentare un pubblico estremamente vasto. Solo il regista di Cincinnati poteva mettere mano ad un progetto così vasto ed ambizioso, ed in fondo ci sembra il modo migliore per chiudere il cerchio su un discorso iniziato appena trenta anni fa.
APPLAUSI! LUNGA VITA A STEVEN SPIELBERG!
di Alessandro Giglio