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13 reasons why

Martedì, 29 Maggio 2018 19:20

Tredici torna ad essere anche nella seconda stagione, la serie più discussa per le sue tematiche e per il modo in cui ha scelto di affrontarle.

13 Reasons Why aveva già svolto egregiamente il suo lavoro nella prima stagione, diventando molto più che una serie tv tratta da un romanzo poco letto imponendosi come un vero e proprio fenomeno mediatico capace di uscire dal mezzo televisivo e costringendo chiunque a interrogarsi sui temi trattati.  


Nella prima stagione infatti, per chi non conoscesse la trama, 13 Reasons Why (in italiano Tredici) racconta la storia di una ragazza che si è tolta la vita e dei motivi -o meglio, delle persone- che l’hanno spinta a farlo. È la sua voce ad accompagnare lo spettatore che, insieme al protagonista Clay Jensen, ascolta i racconti su audiocassetta lasciati da Hannah prima che si lasciasse morire.   Il contenuto del nastro è infatti la voce di Hannah che racconta alle tredici persone, che nel corso di due anni a suo parere la hanno uccisa, il proprio punto di vista.

Ed ora siamo davanti ad una seconda stagione che ha le palle di andare controcorrente.

Dalla mera critica alla sceneggiatura che ricorda un po un classico primo esperimento di un corso cinematografico, alla  scarsa espressività di alcuni attori, fino ai giudizi morali provenienti da due fazioni apparentemente opposte: la prima più moralista e perbenista che sostiene che "sembra quasi che la serie proponga il suicidio come soluzione" , fino ad arrivare alla vera e propria gogna mediatica con l'utilizzo di parole forti come "Istigazione al suicidio"; la seconda più becera e nazionalpopolare che insiste sulla classica vulgata del "Se l'è cercata" ,"Uno non si ammazza per così poco" ,"I ragazzini oggi sono troppo deboli".
Ma è nella seconda stagione che gli autori della serie si distinguono e ci stupiscono realmente:  non si abbandonano al fan service, ma rispondono alle critiche mosse durante il dipanarsi della trama, e con essa la propria originalissima posizione nel modo di affrontare l’attualissimo tema riassunto nel termine bullismo.
Se nella prima stagione non era stato compreso da tutti gli spettatori l'intento pedagogico, in questa seconda stagione esso diviene lapalissiano.
Mentre le scelte logistiche si svelano coerenti in loro stesse, le risposte alle critiche mosse seguono una coerenza che non punta al consenso, alla catarsi, e va contro il perbenismo generale. Esiste addirittura una lista di istruzioni circa la rappresentazione mediatica del suicidio, che la serie sembrerebbe volontariamente non rispettare per far comprendere appieno al pubblico che il suicidio non è mai un’opzione.

BULLISMO

E' un tentativo di sensibilizzazione su un argomento, su di una parola "Bullismo" che si apre sempre più la strada nella nostra attualità, ma che ha ancora molti km da percorrere e veli di cui svestirsi. 13 alza un velo, dà delle rappresentazioni nude e crude delle dinamiche che possono instaurarsi tra ragazzi, in cui il bullo è da una parte carnefice e dall'altra vittima. Proprio a dimostrare quanto sia una parola molto più sfumata di quella netta, deresponsabilizzante, che ci fa dire: "Bullismo, io? No, ma si dice. Mai fatto."
Si, "troppo cruda" è una delle maggiori critiche a questa stagione. Riprova proprio di ciò che la serie vuole documentare.
Il girare gli occhi dall'altra parte di fronte a delle ingiustizie. Il non riconoscerle, il non riconoscerle semplicemente per non farle esistere. Perché se esistono fanno male, e se fanno male ne devo essere responsabile. Fossi matto.
Ma i telegiornali ci sommergono di episodi del genere, sempre di più, sempre più vicini, sempre che ci toccano più in prima persona in questi anni.
Una serie che documenta la situazione e suggerisce una potenziale chiave di lettura non può divenire il capro espiatorio che la innesca (in relazione alle accuse di istigazione al suicidio).
In questa seconda stagione soprattutto, Hannah da protagonista apparente  in realtà si svela essere uno strumento attraverso il quale mettere in moto ed esteriorizzare il vero protagonista della serie: Le reazioni degli altri personaggi.
E' qui si nasconde la vera fotografia/critica/punto da studiare per migliorare la situazione.
La lama tagliente di Hannah è il voler instillare senso di colpa, la volontà pedagogica di responsabilizzazione, ma la situazione si capovolge:subentra la curiosità, tutti coloro a cui è destinato un nastro continuano ad ascoltare, non per rendersi conto delle conseguenze delle proprie azioni, ma per capire chi altro si trovi sulla lista. Per trovare qualcuno che sia più colpevole di loro, che possa far sembrare il loro reato meno grave agli occhi della coscienza; in un vortice di ipocrisia che risucchia lo spettatore e dove lo stesso è portato a chiedersi "Che cosa avrei fatto io nella medesima situazione?"
A costo di compiere anche altri reati, tutti vogliono mantenere i propri segreti. E tutti hanno una giustificazione, un proprio punto di vista. Ancora una volta la colpa è della vittima, del più debole, di chi non ha saputo reagire, parlare, chiedere aiuto.

spoiler

E il protagonista di cui si parla, le reazioni alla vicenda, resta veritiero e rappresentativo anche quando si mostra  nella sentenza del processo. Altra critica! "Potevano farlo finire bene!" Leggi sopra.
Quello che rispondo a questa critica è che in realtà la vicenda ha un lieto fine, la nota positiva non sta nella vittoria del processo, impregnato dell'appagamento di sete di vendetta, ma nei ragazzi che invertono la rotta delle proprie azioni. Ragazzi che a vari livelli riescono a spogliarsi della paura sociale da cui si trovano soggiogati, riuscendo a mettere da parte i loro egoismi personali, accettando i limiti dell'altro, riescono a dare la forza ad una ragazza di denunciare lo stupro che ha subito e che le ha tirato un freno alla vita.  Hannah è morta e ha perso il processo, ma Jessica riesce a raccontare la propria storia, l’asiatica si sente finalmente libera di esprimere il suo orientamento sessuale, la ragazza alla fine brucia le fotografie del club di nascosto. L'effetto farfalla.

VIOLENZA SULLE DONNE

Altra battaglia che viene portata avanti nella serie è la violenza sulle donne che anche qui sfuma sull'ampio, una critica al sessismo della società e l'atteggiamento generale.
"Non è che siano le ragazze a cacciarsi nelle situazioni brutte Clay, sono i ragazzi che rendono le situazioni brutte. Tu non sai come si può sentire una ragazza qui dentro."
Una violenza a cui raramente una donna riesce a sottrarsi che va in un climax discendente dallo stupro, al non prendere in considerazione il non consenso non verbale della ragazza magari restando pure contenti di aver scopato, al disagio generale in una stanza, al non venirne considerate le parole.
Perche ogni donna in un modo o nell'altro è stata vittima di violenza di genere.

Netflix ha anche messo  a disposizione una piattaforma, sponsorizzata ad ogni fine puntata per dare assistenza e impegnarsi anche attivamente nella prevenzione al suicidio.
Ricordate, come ci ricorda anche Justin durante la sua testimonianza al processo, spesso non vogliamo ammettere che ci sia un problema perché farlo vorrebbe dire veder crollare il nostro mondo. Ma, anche se non te ne sei accorto, questo vuol dire che è già crollato.

Di Federica Pace.