Dopo l’esordio del 2015 con True Story, il regista Rupert Goold torna a far brillare la stella di prima grandezza di Judy Garland col biopic a lei dedicato e intitolato semplicemente Judy.
Basato sul dramma teatrale End of the rainbow di Peter Quilter, Judy ha già fruttato un Golden Globe alla sua interprete e la candidatura agli Oscar per la stessa Zellweger e quella per il miglior trucco e acconciatura a Jeremy Woodhead.
L’opera di Goold ha uno sviluppo organico e sebbene fatichi un pò ad ingranare, ha il pregio di delineare bene i tratti dei suoi protagonisti. Malgrado come ovvio e già segnalato da tanti Judy si regga saldamente sulla performance della sua protagonista, il film non è solo Zellweger/Garland insomma.
Incentrato sugli ultimi anni della vicenda personale ed artistica della star del Mago di Oz, Judy ci porta a Londra dove la Garland approda per risollevare le finanze e tamponare i debiti sempre più assillanti. Sono quelli che l’hanno lasciata senza una casa e l’hanno costretta a lasciare in America i suoi due figli più piccoli con l’ex marito.
Una tournée solo in parte forzata però per la diva che come scopriremo durante la visione non è spinta sul palcoscenico dal solo bisogno economico. La solitudine in cui è piombata negli anni le ha fatto capire ancor meglio come il rapporto col pubblico le sia imprescindibile. Un pubblico che alle volte arriva persino ad odiare ma senza il quale non potrebbe vivere.
E’ un film a tratti duro e che fa anche male quello di Goold ma che è capace di regala emozioni vere grazie ad una toccante Zellweger.
Sembra di capire che la vicenda umana della Garland sia davvero entrata dentro alla star di Ritorno a Cold Mountain. Renè sul grande schermo vive ogni emozione appieno e senza mai esagerare nei toni.
Judy è anche una riflessione amara sull’età dell’Oro Hollywoodiana in cui le star soprattutto se precoci erano davvero in balia dei grandi produttori. Una analisi sul nostro rapporto con gli idoli/ star, i loro trionfi e gli scivoloni su cui troppo spesso siamo pronti a dare il nostro giudizio senza conoscere a fondo le vicende ed i contorni.
Se davvero c’è una parola che ci viene in mente riguardo quest’opera è RISPETTO. Quello che sia il regista che l’attrice protagonista hanno usato per delineare un ritratto onesto e accurato. Era facile scivolare su toni fin troppo melodrammatici mentre il film non si concede mai scivoloni del genere.
Una occasione perfetta per chi ha amato Judy Garland, chi l’intravista di certo almeno qualche volta nella propria infanzia e chi, magari perché troppo giovane, la conosce forse a mala pena.
Dal 30 gennaio in sala distribuito da Notorious Pictures.
Di Alessandro Giglio