Ma la presenza di uomini impegnati per un trentennio nella ricerca di una via diplomatica verso la soluzione, consapevoli dell’inefficacia di una ribellione simultanea contro il potere, ha lasciato ai posteri qualche traccia? Sullo sfondo di una società ancora vittima inconsapevole del movimento culturale “spazzatura”, verso i quali anche il vaccino più potente sembra avere effetti vani o un semplice stordimento post-trauma, cosa sarebbe più utopico nell’immaginare che tra comuni mortali vaghi un Balbo o un Gioberti con l’intento di riformare uno stato condotto verso il baratro (diplomaticamente si intende), come accadde ben più di un secolo fa?
Ma tra un’utopia e sogni malsani, sebbene sembra essere storia già sentita, c’è qualcosa di vivo persino tra quelli che sono stati riabilitati da poco dagli effetti di venti anni di tv spazzatura e dalla pubblicizzazione di indumenti griffati da sfoggiare esclusivamente per” l’occasione di paese”. Raramente questi “uomini per bene”,come vennero definiti da D’Azeglio a metà ottocento, vengono toccati dal pensiero di formare una riunione di inteligentie al servizio del nostro paese, vedendosi di fronte agli occhi la speranza di poter appagare la propria vita in un contesto al di fuori dei nostri confini, dove l’artista teatrale o il provetto ricercatore scientifico vedrebbe riconosciuti gli sforzi compiuti dopo anni di schiene piegate nella lettura dell’anatomia e le patologie degli organi umani o allo studio di innumerevoli testi recitativi.
Chi, dunque, nella grazia divina di aver ricevuto le doti per riscontrare successo, se non in una realtà che non può accoglierlo e che sopravvive grazie a continue trasfusioni al di fuori di questa, dovrebbe muoversi anacronisticamente lungo questi confini, vedendosi così sfumare una carriera assicurata e la serenità di non vedere più sui titoli di coda dei tg news nuovi scandali parlamentari e aggiornamenti sulla cronaca nera? E in particolar modo come la si riforma una cultura dopo un ventennio, in cui il killer più silenzioso, che avrebbe difficoltà a essere protagonista persino in un romanzo della Christie o del nostrano Camilleri, qual è la macchina del fango, ha occultato il nome di quei pochi che hanno tentato di ridar luce a sanità, scuola e istruzione contro la pubblicizzazione di una donna-oggetto e di eroi televisivi, divenuti gli idoli dell’ ultima generazione di adolescenti?
Proprio questi piccoli eroi sarebbero disposti a sacrificare dei posti di lavoro o a non emigrare consapevoli dei rischi, quando passando in rassegna il gran numero di post pubblicati sulle bacheche dei più noti social network, specchio del passaggio dal mondo reale a quello virtuale, si porrebbero la domanda se gli ingranaggi di questo “marchingegno arrugginito” possono essere riparati sfogando la propria rabbia su uno schermo, motivata dal numero dei 'mi piace' ricevuti, tentativo vano di far udire la propria voce, talvolta, senza muovere il “culo” dalla sedia?
Perché, se chi ha provato a combattere contro un sistema malavitoso, che ha coinvolto anche le regioni più innocenti del nostro paese, è stato abbandonato dallo stato e dallo stesso popolo per il quale combatteva; se chi ha tentato di dar luce alla Chiesa Cattolica dei “beni sommi”, è stato frenato dagli stessi garanti di quelle ricchezze secolari e se chi in questo piccolo “gioiello del mondo” ha tentato di rimuovere gli acari dalle poltrone parlamentari è stato condannato alla damnatio memoriae, come può un giovane liceale avviato, magari, verso il successo in altre lande o un disoccupato da pochi giorni che il successo lo ha perso a causa di quella stessa nazione, nella quale aveva confidato , desiderare di giocare a fare il patriota in queste terre?
Probabilmente se questi sognatori, se noi popolo di sognatori, avessimo ancora un pizzico di audacia per tentare di mantenere contatti con quello stesso mondo politico, con l’intento di riformare la cultura di questo stato, questi sogni non ricadrebbero nell’utopia.
Forse dovremmo partire dal riformare quelle stesse fonti di informazione, fautrici dei danni attuali: i reality show dell’ultimo decennio hanno creato il prototipo della donna plastica e la sola necessità di allenare quadricipiti e sfenoidi e, programmi demenziali, spacciati a volte per geniali, hanno celato sotto un velo tutt’altro che pietoso quella comicità autentica di un Proietti o di un Brignano. Sarebbe ipocrisia affermare che ogni trasmissione televisiva andrebbe improntata sullo stile della National Geografic Channel di qualche tempo fa, ma basterebbe restituire credibilità a un mondo completamente immaginario.
E se tentare di riformare il mondo televisivo a livello pedagogico sembra semplicemente un illusione di portata epica, senza dubbio, sarebbe più semplice intraprendere una propaganda contro la perversione mentale, identificata in quegli inni alla xenofobia e all’omofobia che affollano siti e bacheche dei social network, evitando di considerarle semplice “burle” o voci isolate ma tentando di frenare questa valanga di inciviltà attraverso la creazione rispettiva di siti o “gruppi” che pubblicizzino un corretto uso della tastiera del pc, rivolgendo se necessario dei messaggi chiari direttamente all’ autore dell’”opera”. Il problema resta se siamo costretti ad agire da missionari o come “spirito santo” purificatore delle “pecore nere”, ma dal parlamento, in questi giorni, sembra muoversi a riguardo un’ iniziativa avanzata dal Presidente della Camera Laura Boldrini per una legge istituzionale contro gli abusi e gli insulti ricevuti online.
E visto che muovere una rivoluzione sarebbe impossibile, o piuttosto muovere gli animi di un popolo da sempre macchiatosi di questa viltà, la via diplomatica intrapresa dal campo culturale sarebbe la più vicina a una generazione giovanile impossibilitata al momento nell’agire in altri campi. E se, finalmente, proposte del genere cominciassero a esser concesse dall’ alto, sarebbe l’occasione perfetta per prendere al volo questa manna dal cielo e esser motivati a riparare i meccanismi di questa “antica fabbrica”.
Filippo Piluso