Siamo negli anni '60. Nella prima parte, le protagoniste sono quattro donne che si riuniscono una volta a settimana per giocare a carte. Mentre loro sono nel salotto, le loro bambine giocano nella stanza accanto. Giocano a fare le signore, assieme. Queste donne sono mogli. Sono madri. La loro condizione è la tipica condizione delle donne di quell'epoca. Non lavorano e la loro esistenza è strettamente connessa al ruolo della maternità. Nella seconda parte (si tratta di un atto unico suddiviso), le protagoniste sono le quattro bambine, ormai adulte, che si ritrovano a parlare delle loro mamme. Della vita che conducevano, di quella che conducono loro; così diversa, orbata della presenza di figli e di mariti.
Si andrà così creando la contrapposizione di due realtà, di due epoche, portando lo spettatore non solo a riflettere su quale sia la condizione meno penosa ma anche e sopratutto "Due Partite" si snoda attorno a tematiche quali la nascita e la morte, cercando di uccidere i cliché ed i miti che nel corso dei secoli si sono radicati attorno alla figura della donna e del concetto di maternità.
Due Partite è una commedia brillante, che non parla solamente alle donne ma parla al genere umano. Gli uomini non sono degli esclusi, seppure non li vediamo, essi sono assolutamente presenti nelle parole e nelle vicende personali delle quattro donne. Sarebbe più che mai banale ridurre questa fantastica rappresentazione descrivendola come uno spettacolo tutto al femminile. Perché Due Partite è di più. È molto di più.