In un momento così duro per le piccole librerie e per i piccoli e medi editori la libreria Cultora rappresenta un modello che va in controtendenza e che rimane in piedi e combatte per la cultura editoriale a suon di sacrificio, impegno e duro lavoro.
Intervista a Daniele Dell'Orco, fondatore della libreria Cultora e co-fondatore e responsabile dell'attività editoriale di Idrovolante Edizioni
Qual è stato il motivo principale che vi ha spinto a fondare la libreria? E perché proprio nel quartiere Appio Latino?
I motivi sono principalmente due, uno di carattere logistico e uno di carattere imprenditoriale. Gestendo un sito letterario e tre diversi marchi editoriali avevamo bisogno di una redazione su Roma che ci consentisse di portare avanti tutto il lavoro da un unico ufficio centrale. A quel punto, conoscendo le difficoltà che tante altre piccole case editrici indipendenti come noi devono affrontare per poter diffondere i propri lavori, ci siamo detti: perché anziché un semplice ufficio non affittare uno spazio più grande dove poter esporre libri e organizzare eventi? L’Appio Latino, a quel punto, ci è sembrato un quartiere abbastanza popoloso, facilmente raggiungibile dal centro e in linea con le nostre possibilità economiche.
Quali sono state le difficoltà più grandi che avete incontrato per raggiungere questo obiettivo?
Le difficoltà maggiori derivano dalla capacità da parte del prodotto libro di rispondere alle esigenze di una popolazione che fondamentalmente legge poco. Per intenderci, c’è un motivo se il trend principale vede le librerie chiudere anziché aprire.
Quali sono le difficoltà riscontrate da due giovani ragazzi che tentano, in Italia, di avviare un’attività?
Le solite burocrazie. Dovendo aprire un punto di sola vendita, senza gastronomia o servizi particolari, non abbiamo avuto troppi problemi di sorta. Avevamo un budget minimo in mente che siamo riusciti a rispettare. La struttura portante però c’era già, ossia la casa editrice, che come realtà finanziaria ha comunque potuto inglobare l’attività sotto la medesima partita Iva.
Quali dovrebbero essere, secondo te, gli interventi politici necessari per facilitare la difesa della cultura libraria indipendente, per raggiungere un alto grado di bibliodiversità e soprattutto per mantenere una giusta concorrenza sia tra piccole/medie case editrici che tra piccole librerie indipendenti/grandi librerie di catena?
Sarebbe interessante se la ragione sociale di un’azienda che fa cultura venisse considerata in modo diverso da una qualsiasi società di capitali o ditta individuale. Valutare, selezionare e pubblicare libri di qualità, che non rispondano alle solite logiche di mercato che privilegiano la quantità, ha oggettivamente un valore educativo se possibile ancor più importante di quello meramente economico. Oltre alla tassazione agevolata sul prodotto libro (che già c’è, ed è al 4%), sarebbe quindi fantastico se venissero incentivate le assunzioni in un settore del genere e diminuisse la pressione fiscale. Il ruolo pedagogico della scuola, poi, meriterebbe una parentesi a sé.
A quasi un anno dall’inaugurazione della libreria quali sono i risultati? Esiste veramente un pubblico ‘di nicchia’ che ha bisogno di un luogo in cui poter trovare letture diverse, ricercate, pubblicate da case editrici piccole e medie, magari mai ‘legittimate’ dalle grandi librerie?
L’attenzione mediatica che ci è stata dedicata dopo i primi mesi dall’apertura è stata utilissima per poter promuovere l’attività della libreria. Il numero di eventi e presentazioni settimanali si è attestato attorno a due/tre, mentre il numero di case editrici rappresentate sui nostri scaffali sono più che raddoppiate. Il pubblico, di certo, apprezza, anche se sapevamo di non poter aspirare a competere con i numeri di una grande libreria di catena.
Cosa ne pensi del ruolo di grandi colossi di vendita online di libri come IBS e Amazon? Hanno un ruolo positivo o negativo nel dare rilevanza a piccoli e medi editori?
Difficile dirlo. Siti di e-commerce dedicati ai libri come IBS sono ormai diventati un mezzo imprescindibile per la diffusione di libri. Pur essendo affezionati al concetto di libreria fisica non si può negare che la reperibilità e la comodità di questi servizi abbia una sua indubbia utilità. Anche per un piccolo editore, tuttavia, può rappresentare un vantaggio cercare di diffondere i propri testi su portali online che non rispondono alle vecchie logiche di occupazione degli spazi fisici delle librerie di catena, e dove quindi sia i libri di un piccolo editore che quelli di un colosso possono avere simile rilevanza.
Allontanandoci un po’ dalla filiera di vendita del libro, cosa pensi dell’autopubblicazione, in particolare quella di Amazon, ma anche de ilmiolibro.it?L’eliminazione dell’intermediazione dell’editore a favore di un sistema di votazione e recensione dei lettori ti spaventa?
È assolutamente controproducente, perché in un mercato librario già più che saturo perdere anche l’ultimo filtro rimasto tra autore e lettore, ossia l’editore, può avere effetti catastrofici. Un lavoro editoriale serio è sinonimo di garanzia mentre l’autopubblicazione spesso non somiglia ad altro che a un blog dove poter inserire i propri testi (magari sgrammaticati o con gravi lacune sintattiche) senza che ci sia una selezione alle spalle. La speranza, per come la vediamo noi, è che da parte dei lettori ‘forti’ ci sia un ritorno all’editoria classica, specie cartacea, proprio perché chi sa apprezzare il prodotto libro nella sua interezza non intende rinunciare alla professionalità del lavoro editoriale.
Noto una certa avversione per il libro digitale. Credi che non possa coesistere l’idea di professionalità editoriale e versione digitale del libro? Non sei dell’idea che, grazie al prezzo più basso di produzione, e quindi di vendita e alla sua capacità di diffusione, il libro digitale permetta all’oggetto libro (per quanto immateriale) di tirare fuori tutte le sue potenzialità sociali, educative e culturali?
No, non ho ostracismo verso il libro digitale come strumento in sé. Certo, ognuno di noi ha le proprie sensibilità e personalmente, come molti altri italiani, preferisco acquistare e leggere libri cartacei. Ma questa è un’abitudine che magari i cosiddetti nativi digitali non avranno più e saranno quindi più facilitati a consumare prodotti digitali. Piuttosto ho l’avversione per tutto quel tipo di mondo che si è aperto grazie al libro digitale. Avere zero costi, potendo eliminare la figura dell’editore – in teoria colui che dovrebbe fare una selezione qualitativa poiché sottoposto a un rischio d’impresa – ha permesso a troppi ‘scrittori della domenica’ di ingolfare ancor di più il mercato con dei testi assolutamente impubblicabili. Questo, paradossalmente, ha coinciso col rappresentare un disservizio per il lettore, anziché un valore aggiunto. Non avere il libraio che ti consiglia, non avere l’editore che fa un ‘controllo qualità’. Ti dirò di più, da editore in prima persona considererei più vantaggioso lo sviluppo del libro digitale, poiché le marginalità sono molto più alte, essendo più basso il costo di produzione. Tutto il mondo dei self-publisher e simili, spalancato da Amazon e poi da altre piattaforme, è controproducente.
Quali sono le idee che avete messo in pratica e che vorrete mettere in pratica per consolidare il vostro ruolo nel mercato indipendente del libro?
La libreria è una prosecuzione della direzione in cui sta andando il nostro lavoro di casa editrice, ossia il progressivo ridimensionamento dell’incidenza della distribuzione nel processo di vendita dei libri. Gli editori che ospitiamo in libreria rispondono tutti a un contatto diretto con noi, senza che i loro testi debbano, prima di arrivare sui nostri scaffali, passare per grossisti o distributori, che con percentuali ormai fuori mercato diminuiscono di molto il guadagno dell’editore sulla singola copia. Con la casa editrice stessa, non a caso, stiamo cercando di sviluppare dei canali diretti di diffusione con librerie, edicole, circoli culturali e portali di e-commerce stesso. La partecipazione a dieci/dodici fiere del libro in tutta Italia e l’organizzazione di decine di presentazioni l'anno, poi, sono l’emblema di questo cambio di rotta, e della volontà di far conoscere il nostro lavoro direttamente ai lettori.
Tutti possiamo contribuire a difendere il lavoro editoriale di qualità mettendo il naso un po’ fuori dalle lucenti e ormai immense librerie che ci abbagliano con articoli di ogni tipo e che con i libri non hanno niente a che vedere. Mi rivolgo quindi a voi, lettori più o meno forti, date una chance a editori che non conoscete, a copertine meno patinate, alle belle idee.
di David Zappi