"Il gattopardo" è comunemente ed erroneamente noto come un romanzo storico, in quanto non soddisfa tutti i canoni del genere; può essere infatti ridottivamente definito un "diario di memoria e di memorie", in quanto riprende le vicende personali del nonno dell'autore, vissuto durante il Risorgimento. Venne pubblicato postumo, tramite l'influenza editoriale di Elio Vittorini e con le correzioni e la prefazione a cura di Giorgio Bassani.
"Il giardino dei Finzi-Contini" alla stregua, viene ormai veridicamente accettato come un libro autobiografico.
Il Principe Don Fabrizio Salina, dedito allo studio dell'astronomia e ai pensieri sull'amore e sulla morte (contenuti nei suoi sonetti), è il rappresentante di una classe aristocratica in decadenza, in un periodo - quello dello sbarco in Sicilia di Garibaldi - che vede l'affermazione dell' emergente classe borghese.
Il nipote garibaldino Tancredi, cerca di rassicurare lo zio con presagi di miglioramento della sua condizione sociale dichiarando che "se vogliamo che tutto resti com'è, bisogna che tutto cambi".
Si intrecciano poi alle vicende storiche, le trame amorose di Tancredi nei confronti della cugina Concetta. Ma al momento del trasferimento della famiglia nella residenza estiva di Donnafugata, Tancredi si innamora della bella Angelica, che finirà per sposare - attratto tanto dai suoi modi ammalianti, quanto dal suo denaro - essendo quest'ultima la figlia del sindaco Don Calogero Sedara, uomo borghese e fortemente patriottico, tanto che al momento di votare per l'annessione della Sicilia al Regno di Sardegna, truccherà i voti contrari del plebiscito, a malincuore del Principe.
Infatti, una volta concluse le elezioni, il cavaliere piemontese Chevalley offre a Don Fabrizio la carica di senatore del Regno d'Italia, ma questo, sentendosi ancorato al mondo dell'aristocrazia, non vuole partecipare attivamente alla disfatta del suo tempo. Inizia quindi una sorta di vita parallela del Principe e della sua famiglia, che si contrappone alle scene di fasto iniziali; si assiste ad un lusso in decadenza, alla vita desolata del protagonista e alla sua morte.
E' nell'ultimo capitolo poi che Tomasi di Lampedusa manifesta l'indissolubile legame che lo ancora ad un passato irrimediabilmente perduto, (con immancabili riferimenti a "A' la recherche du temps perdu" di Marcel Proust): ambientato nel 1910, narra la condizione delle tre figlie superstiti del protagonista, che conducono ormai una vita solitaria e consacrata esclusivamente ad una devozione dogmatica e ad un certo fanatismo religioso che le rende cieche di fronte allo spoglio che la Chiesa sta operando nei confronti dei loro stessi ricordi familiari; e nell'illusione di vivere nel fasto del nome dei Salina - cantato nelle poesie dello stesso Principe come una stirpe semi-divina, che trae la sua origine dall'amore dell'Imperatore Tito e della regina Berenice- senza comprendere che il passato è ormai perduto, e le cui ultime tracce (la carcassa del povero Bendicò, e quella dell'intera famiglia metaforicamente parlando) vengono defenestrate senza troppo riguardo ("poi tutto trovò pace in un mucchietto di polvere livida").
L'opera cela in sè significati ben più profondi però rispetto a quelli che possono emergere da una lettura superficiale. L'autore infatti affronta il tema dell'essere siciliano, dichiarando che i cambiamenti subiti dagli abitanti insulari durante tutto il corso della storia li hanno portati a recepire qualsiasi miglioria come malevola, e rendendoli incorenti e incapaci all'adattamento al nuovo e a quello a se stessi, illustrando nei dettagli la causa e l'effetto dell'orgoglio siciliano, il rifiuto ostinato nei confronti dell'innovazione, e dunque la mafia, la violenza, l' essere oziosi ("il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello del "fare", il sonno è ciò che i Siciliani vogliono"), attribuendone la causa in larga parte anche al clima che ha portato ad una mancanza di vitalità. Mentre tra i temi più celati, ma che fanno da filo conduttore tra un episodio e l'altro, si ritrovano la negazione dell'importanza dellastoria nell'agire umano, destinato inesorabilmente al fallimento ("la felicità consiste nel ricercare gli scopi e non nel raggiungerli; almeno così si dice").
E in posizione predominante il fluire del tempo, la decadenza e la morte, del protagonista, della sua famiglia e dell'aristocrazia, secondo una sineddoche a dir poco perfetta. Il libro stesso è intriso di un decadentismo costante, colmo di stanchezza, sfiducia e dissoluzione.
E qui entra in gioco l'opera di Bassani, "Il giardino dei Finzi-Contini". L'autore inizia la stesura del libro nel 1957, anno in cui entrò in possesso del manoscritto di Tomasi Di Lampedusa, e ciò non poteva non influire.
"Il giardino dei Finzi-Contini" narra la storia di un gruppo di giovani universitari ebrei ferraresi durante il periodo fascista; l'emarginazione e il rifugio nelfiabesco ed eclettico giardino della famiglia di Alberto e Micòl. Qui si giocano le partite di tennis che vengono precluse ai giudei, qui si studiano i libri che gli vengono negati, qui si dibatte di cose di cui è vietato parlare, qui si ama un amore che è proibito amare.
Ed in questo clima di effimera aleatorietà l'efferratezza della Storia non trova modo di insinuarsi, di turbare i protagonisti, che affrontano un destino ignoto peralcuni ed indubitabile per altri. Ognuno nel proprio modo, i protagonisti affrontano la sorte, la morte, "aborrendo in sè il futuro, preferendo ad esso di gran lunga "le vierge, le vivace et le bel aujourd'hui", e il passato, ancora di più, "il caro, il dolce, il pio passato". E come direbbe Montale ".. e il naufragar m'è dolce in questo mar".Dunque dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, ciò che resta è un'Italia dilaniata dai bombardamenti, dalla povertà , dalla dittatura e dall'anarchia; e i toni oggettivi e volutamente distaccati del neorealisimo lasciano spazio ad una letteratura più problematica, fatta di dolore, delusione, violenza; e qui subentrano come chefs-d'oevre appunto i libri sopraccitati, in cui si assiste ad una rapresentazione dell'esistenza umana nella quale la solitudine e la sofferenza giocano il ruolodi protagonisti, dove l'inutilità, lo sfaldamento e la morte sfociano nel lamento della condizione umana e "del paradiso di innocenza e puerile fiducia perduto".
In entrambe le opere è presente poi il tema dell'amore: quello adolescenziale dei protagonisti, quello dei genitori per i figli, che non può salvarli da un destino infelice e quello descritto nei sonetti di Don Fabrizio, quell'"Amor che quando discende in un vecchio cuore procede lento fra l'ingombro triste di speranzemiste a pianto dove deve farsi largo, e quando s'insedia, negli occhi ha solo una beffa che offende. Tiranno in gioventù e boia in vecchiezza, suscita pene, orror, vergogna. Soffro, piango, impreco e lui disprezza; mi strazia con torture e con ritorte, fiero mi seguirà sui neri liti."
Sono questi i motivi che hanno reso questi due libri i più grandi best-sellers italiani degli anni Sessanta.