Il destino è cieco, ma anche la fortuna, il caso, l’amore.
Siamo abituati a confrontarci con frasi del genere e spesso possiamo comprenderle e renderle nostre. Ma cosa succede se tendiamo al limite queste affermazioni? Se rendiamo veramente ciechi l’amore e il caso?
Giungendo al limite della tensione del nostro arco immaginario, molto probabilmente si materializzerebbe “Zozòs”, commedia scritta da Giuseppe Manfridi, che porta sul palcoscenico l’imprevedibilità della vita e le vicissitudini del caso, impossibili da prevedere.
Lo spettacolo si fonda su un rapporto sessuale tra Tito e Bice (Paolo Roca Rey e Siddhartha Prestinari), un ragazzo giovane e una donna matura, che nel momento più alto della loro unione, si troveranno vicendevolmente uniti e incapaci di disunirsi di nuovo. L’imbarazzante inconveniente verrà scoperto, con maliziosa sorpresa, dal padre del ragazzo, Tobia (Riccardo Bàrbera), ginecologo di professione ma non di fatto, che assisterà, senza poter far nulla, all’intera vicenda.
Foto di Marco Picistrelli
Come un puzzle completato, all’inizio della pièce, assistiamo a una situazione ben delineata, dove tutti i pezzettini, sebbene riportanti una situazione al limite del paradossale, sono uniti tra loro, senza rischio di disgiunzione. A questo punto, però, il destino che aveva composto il puzzle qualche tempo prima, ritorna a scompaginarlo di nuovo, fornendo dettagli e incroci tra le vite dei protagonisti che loro stessi non si aspettavano.
È meglio, quindi, vivere nella cecità assoluta ma con tutti i pezzi in ordine, o scoprire l’inganno, squarciando il famoso velo di Maya, ma con un’esistenza a questo punto disgregata?
“Zozòs” non darà una risposta a questa domanda, ma seguirà le vicende dei personaggi passo passo, come un’indagine che porterà alla scoperta della verità.
Giuseppe Manfridi ci propone una commedia al gusto di tragedia (greca, sofoclea). Principalmente il pubblico riderà ai gustosi intrighi della trama ma un retrogusto amaro fornirà gli elementi che hanno caratterizzato le opere della tragedia greca (senza dire quali, per non rovinare la sorpresa).
Foto di Marco Picistrelli
Un linguaggio comico si unisce a un altro più aulico, tragico per l’appunto, che però viene portato al suo limite, non per dare un’aura di credibilità alla commedia, ma per fornire un effetto imprevisto di metateatro, dove sembra che lo stesso autore di “Zozòs” voglia comporre questo divertente effetto tragicomico per disorientare lo spettatore.
“Zozòs” sarà in scena al teatro Belli di Roma fino al 4 marzo 2018, con repliche dal martedì al sabato alle ore 21.00 e la domenica alle ore 17.30.
Maurizio Costa