C’è stato un tempo in cui Fabian Cancellara era – almeno secondo me – il corridore più forte del mondo, e quel tempo era l’anno di grazia 2010. Nel corso di quella stagione la Locomotiva di Berna riuscì a imporsi sia sul tracciato della Parigi-Roubaix che su quello delle Fiandre, mostrando entrambe le volte una manifesta superiorità nei confronti del suo rivale più agguerrito, il belga Tom Boonen. Il modo in cui arrivarono quelle due vittorie sollevò non pochi dubbi nell’ambiente, ma neanche le allusioni meno velate contribuirono a smorzare l’innamoramento che all’epoca avevo per Spartacus. D’altronde il ciclismo, così come tutte le altre forme di arte, richiede che ci sia una “volontaria sospensione dell’incredulità”, e dunque a me l’idea che ci fosse un trucco dietro i risultati di Cancellara non toccava affatto.
Non è dunque questo ad avermi fatto allontanare dal mio primo amore giovanile. No, non è colpa di una bugia (se di bugia si tratta) non detta. La fine della storia d’amore tra me e Fabian ha avuto la più classica delle motivazioni: c’era un altro. Lo so, quando una relazione sembra funzionare è stupido buttare tutto all’aria per quella che credi sia un’infatuazione temporanea, ma quando si è giovani si sente la necessità di provare emozioni e brividi che solo la novità sa regalare. “Dobbiamo tener libero il nostro amore quanto più ci è possibile, per poterlo donare in qualunque momento. Gli oggetti a cui lo dedichiamo li sopravvalutiamo sempre, e da ciò deriva molto dolore”. E io così ho fatto.
Questa non è la storia di un amore tradito. Questa non è la storia di un amore bugiardo.
Questa è la storia di come mi sono innamorato di Peter Sagan.
Le origini
Non credo che Hermann Hesse – le cui parole ho preso in prestito – abbia scritto quel pensiero per dedicarlo a dei ciclisti. Non so neanche se lo scrittore sia mai andato in bici: da una rapida ricerca su Google mi sento di poter dire di no. Non credo però che si sarebbe offeso nel vederle utilizzate in tal maniera, e dunque…
Lo slovacco nasce nel 1999 in mountain bike – da un punto di vista professionale, si capisce – e approda su strada otto anni dopo, solo dopo aver vinto tutto il possibile come juniores sugli sterrati. Nei primi due anni con la Liquigas (prima Doimo, poi Cannondale) vince 20 tappe, che diventeranno 36 nel 2012, alla fine del terzo anno. Tra le sedici del terzo anno le più prestigiose sono quelle ottenute al Tour De France, vittorie grazie alle quali otterrà anche la maglia verde al termine della Grand Boucle.
Il mio amore per Peter Sagan scoppia proprio in occasione delle vittorie al Tour 2012.
L’infatuazione
Il Tour 2012 si apre con Fabian Cancellara che vince il prologo e indossa la maglia gialla di leader della generale. Il giorno dopo, a 2 km dall’arrivo, il gruppo affronta il tratto più duro della Cote de Seraing: a 1,9 km dall’arrivo scatta Sylvain Chavanel, che prende pochi metri sul gruppo degli inseguitori; gli si accoda lo svizzero Albasini, che pare riesca a tenere il passo del francese, e poi ci prova anche Sagan, che invece sembra non farcela e aspetta il gruppo. Tuttavia i due al comando non riescono a prendere il largo e, a 1.7 km dall’arrivo, l’uomo in giallo, il mio primo grande amore, si porta in cima al gruppo, riprende la coppia di testa e scatta. È a questo punto che il tratto più difficile della salita è terminato e a Cancellara riesce ad accodarsi Sagan, mentre da dietro cerca di rinvenire anche il norvegese Edvald Boasson Hagen che, a settecento metri dal traguardo, raggiunge i due. I tre procedono insieme verso l’arrivo, ma nessuno dà un cambio allo svizzero, che quindi rallenta e rischia di far rientrare il gruppo. A centocinquanta metri dall’arrivo allora Cancellara lancia lo sprint, ma Sagan è più veloce e ha risparmiato le energie, così si impone senza problemi. Transiterà sul traguardo per primo lo slovacco, che ergendosi mostrando il petto porterà prima le mani ai fianchi, e poi sulle spalle, simulando la mossa di un orango. Intervistato all’arrivo dirà “Mi dispiace non aver tirato, ma Fabian è uno abbastanza forte, così ho aspettato la volata".
Già, Fabian è abbastanza forte
A cena insieme
L’arrivo della quarta tappa del Tour 2012 è caratterizzato da una caduta negli ultimi metri; la volata è chiamata con largo anticipo dal gruppo e Sagan, già con indosso la maglia verde di leader della classifica a punti, ai duecentocinquanta metri lancia la volata. Ai duecento metri esce in testa da una curva a destra che dà sul rettilineo finale; ai cento metri dall’arrivo si guarda sotto il sellino, vede gli inseguitori lontani, allora lascia il manubrio, si fa il segno della croce e varca il traguardo mentre con le braccia simula una corsa.
Corri Forrest, corri!
La prima notte
La sesta tappa del Tour 2012 prevede un arrivo da velocisti puri. A un chilometro dall’arrivo il treno della Lotto-Belisol Team cerca di guidare André Greipel verso il successo, ma alla sua ruota c’è la maglia verde. A trecentocinquanta metri dall’arrivo Matthew Goss prova ad anticipare la volata, Sagan è costretto a schivare un compagno di squadra dell’australiano spostandosi sulla destra per poi riprendere velocemente la ruota di Greipel, che dopo pochi metri lancia la volata. Sagan passa ancora una volta sul lato della strada, supera prima il tedesco della Lotto e poi Goss: taglia così per primo il traguardo, mostrando i muscoli come un famoso eroe Marvel.
L’innamoramento
Cos’è il genio? Così si interrogava Il Perozzi nel celebre film Amici miei, rispondendosi che fosse “fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione”.
Peter Sagan è tutto questo.
Nel 2013 fa registrare 22 vittorie: è l’anno con più successi personali da quando lo slovacco è approdato nel Calendario mondiale UCI. Chiude anche secondo alle Strade bianche, alla Milano-Sanremo, all’E3 Harelbeke e al Giro delle Fiandre. Qui, nonostante il piazzamento, conquista gli onori – o forse in tal caso meglio dire i disonori – della cronaca perché sul podio, mentre due ragazze premiano il vincitore Cancellara, lo slovacco ne palpeggia una, sorridendo beffardamente alla telecamera.
Cancellara chi?
Ne consegue un prevedibile polverone mediatico e un video di scuse che il corridore posta sul proprio profilo YouTube. Ammetto che mi sia sfuggita all’epoca questa querelle, e dunque non è questo uno dei motivi per cui mi sono innamorato di Peter; tuttavia ritengo che sia un episodio doveroso da registrare per far capire la natura del personaggio. Peter Sagan ama far divertire il pubblico, renderlo partecipe, impressionarlo. Peter Sagan è il clown del gruppo, quello che intrattiene i tifosi sul Mont Ventoux o sull’Alpe D’Huez impennando in salita con la bici, quello che li fa gridare Wheelie! Wheelie! al suo passaggio, quello che sa che il ciclismo è un lavoro, ma ancor prima un divertimento.
Ricordo ancora che nel 2009, quando il Giro d’Italia arrivò a Roma, andai sul circuito della cronometro finale per rimediare qualche foto con dei campioni; ripenso ad Alessandro Petacchi serio e concentrato come non mai, che non concesse nemmeno una foto ai tifosi presenti, seppur quella fosse l’ultima tappa del Giro, una cronometro a cui nulla poteva chiedere il corridore spezino. Ricordo il rammarico con cui me ne andai e la sensazione di disillusione che provai. All’epoca non c’era ancora Peter Sagan, ma sono sicuro che se mi avesse detto ‘no’ anche lui, quantomeno lo avrebbe fatto con un sorriso.
D’altronde lo slovacco non ha bisogno di prendersi sul serio per dimostrare le sue capacità. Lui è uno che sul suo profilo YouTube può caricare video in cui balla e canta come se fosse in Grease, oppure in cui recita come in altri grandi blockbuster hollywoodiani, ma poi dimostra la sua abilità in bici saltando Cancellara che gli cade davanti sul pavé e andando a vincere il Giro delle Fiandre 2016. Sagan è uno che mima il gesto della mitragliatrice sul podio del Tour de France 2015 e che poi, pochi mesi dopo, vince il Campionato del Mondo.
Fino al 2016 il mio amore per Peter Sagan è stato come quello per una bella ragazza che sai non poterti permettere perché se ti prende ti fa perdere la testa; prima ti prende, poi ti lascia lì, da solo, in un angolo, a chiederti dove hai sbagliato, a chiederti perché ci sei cascato anche questa volta, e se troverai prima o poi quella giusta per te.
Fino al Tour 2016 Peter Sagan è stato per me quello che in passato erano stati gli amori passeggeri e giovanili per Andy Schleck o Riccardo Riccò. I numerosi piazzamenti della stagione 2015 e le vittorie mancate di un soffio volevano farmi credere che quello per lui non fosse ancora un amore maturo e generoso che potesse prendere il posto di quello per Cancellara.
Ma poi c’è stata la seconda tappa del Tour 2016, l’arrivo a Cherbourg-en-Cotentin.
Quando mi è scoppiato il cuore
Il fiammingo Jasper Stuyven è in avanscoperta da tutto il giorno, e dopo essersi liberato dei compagni di fuga si trova in testa da solo a ottocento metri dall’arrivo, posto su uno strappo con pendenze intorno al 6%. Ai cinquecento metri dal traguardo Roman Kreuziger, che ha tirato come un matto per riprendere il belga davanti, raggiunge il fuggitivo e guida il suo capitano di giornata, Peter Sagan, in una difficile volata. Ai quattrocento Kreuziger si sposta, lasciando lo slovacco al vento a troppi metri dall’arrivo. Sagan allora si alza sui pedali, tiene un po’ il ritmo, poi si guarda dietro, si sposta sulla sinistra e lascia passare Julian Alaphilippe e Michael Matthews: la volata sembra ormai fuori dalla sua portata. E invece, dopo aver preso vento troppo presto, aver rallentato, essersi spostato di lato e aver ripreso la ruota di Alaphilippe, ha la forza di uscire sulla destra, a centro strada, superare tutti e agguantare la sua prima vittoria al Tour de France con la maglia di campione del mondo, conquistando anche la maglia gialla per la prima volta. Una vittoria che la dice lunga sulla freddezza, sulla tecnica e sulla caparbietà di Peter Sagan.
E vissero per sempre felici e…
Domenica 21 agosto 2016 si è tenuta la gara olimpica di Mountain Bike e Peter Sagan vi ha partecipato con indosso la maglia della sua nazionale. Lui, campione del mondo di ciclismo su strada, ha deciso di non voler partecipare alla corsa sul terreno in cui ormai compete da oltre sette anni. Un ritorno alle origini dunque, solo parzialmente giustificato dalla difficoltà del tracciato olimpico disegnato per la corsa in linea, dal momento che poi ad imporsi è stato Greg Van Avermaet. Lo slovacco avrebbe certamente potuto dire la sua. Perché allora questa decisione?
La scelta fatta si può capire solo alla luce di quanto raccontato finora sulla personalità di questo corridore. Peter Sagan è romantico. Peter Sagan è genio e sregolatezza. Peter Sagan è probabilmente il corridore più forte che sia mai comparso in questo sport. Eppure sarebbe nulla se non fosse accompagnato da una sana dose di pazzia che lo rende così unico rispetto ai suoi colleghi.
Per la cronaca: la prova in Mountain Bike è stata sfortunata. Prima una foratura e poi diversi problemi meccanici lo hanno costretto ad abbandonare da subito i sogni di gloria. Una trentacinquesima posizione che non ha però condizionato l’umore di Sagan, che appena un mese dopo, domenica 20 settembre, ha deciso di entrare nella storia vincendo la prova in linea dell’Europeo di ciclismo, a Plumelec. Lo slovacco è stato, di fatto, il primo a indossare contemporaneamente la maglia di campione continentale e mondiale.
Domenica 16 ottobre si correrà la prova d’élite del Mondiale di ciclismo, a Doha, in Qatar. Il circuito è fatto di 257,5 chilometri completamente pianeggianti, con tratti nel deserto; la temperatura prevista parte da un minimo di 35/36 gradi. Aldilà delle problematiche dovute al clima, è l’assoluta linearità del percorso a porre il campione uscente tra le sorprese anziché tra i favoriti. Probabilmente Peter Sagan non vincerà, ma se dovesse per caso farcela, allora avremo ancora una volta di più la consapevolezza di aver potuto ammirare il più grande ciclista della storia di questo sport.
Forse queste righe non verranno mai lette da nessuno. Forse le leggerete e le dimenticherete dopo pochi secondi. Forse penserete che Peter Sagan sia solo di passaggio, e che tra pochi anni sarò nuovamente qui a scrivere della mia nuova fiamma.
Fate, fate pure. Prendetevi gioco di me, tacciatemi di superficialità. Me lo merito. “Del resto non c’è niente di più improduttivo del meditare su chi si ama”.
Daniele Rizzo