VIDEO DEL LIVE Di marco zitelli (wrong on you)
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INTERVISTA A marco zitelli (wrong on you)
La pioggia non ci ha fermati. E, sempre all'ombra del bosco, abbiamo chiacchierato un po' con Marco Zitelli, voce dei Wrong On You. Mentre il Brasile stava per sfidare la Croazia nella prima partita dei Mondiali di calcio, noi abbiamo parlato di musica seduti al solito tavolo di legno al fresco e al riparo degli alberi.
"Wrong On You": cosa indica il nome e come mai lo avete scelto per il gruppo?
«"Wrong On You" è grammaticalmente sbagliato in inglese. La forma corretta è "Wrong About You". Lo abbiamo scelto sia perché suona meglio senza "about" e sia perché c'è "wrong" che evoca lo sbaglio. Se lo dico io, lo sbaglio è su di te, intervistatrice. Se lo dici tu, lo sbaglio è su di me. Chiaro? (ride NdR). è stato comunque utilizzato perché è un'espressione che appunto evoca uno sbaglio.»
"As Usual": parlateci del vostro primo lavoro. Com'è nata l'idea e come mai avete scelto proprio questo stile particolare a metà tra cantautorato ed elettronica?
«"As Usual" è un prodotto "da cameretta": è stato registrato in cameretta appunto. L'espressione "As Usual" è un collegamento con l'espressione "Wrong On You": significa "hai sbagliato come al solito". Fondamentalmente è un progetto partito da me come solista al quale si è aggiunto Daniele De Sapio che è il chitarrista che suona con me quando siamo al completo. L'idea era di aggiungere alla chitarra acustica la drum machine: questa è la base di tutto, l'embrione dei Wrong On You. Adesso nei live uso anche i sintetizzatori, quindi è diventato tutto più elettronico ma senza perdere l'anima folk.»
Avete suonato in Inghilterra, dove tra l'altro avete registrato la demo del nuovo album. Che differenza avete riscontrato tra il pubblico italiano e quello inglese?
«L'abbiamo presa più come un'esperienza personale più che professionale. Il prodotto lo abbiamo finito qua a Roma, al KateCreativeStudio. Avevamo messo una traccia da scaricare gratis su Bandcamp e ci ha sentito un professore di Oxford che insegna sound technology e gli è piaciuta. La cosa assurda è che un nostro amico è un allievo di questo professore, quindi abbiamo trovato un collegamento per andare là. Tra l'altro è lo stesso studio in cui i Radiohead incisero il loro primo demo. Il pubblico inglese è strano, si divide in due parti: c'è chi sta lì, ti fissa e ti ascolta tutto il tempo e c'è chi non ti ascolta ma è comunque educato, parla a voce bassa. Quando abbiamo suonato al "The Bear" c'era un gruppo di persone che ballava e la cosa strana è che ballavano sulla nostra musica (ride NdR). Ballano comunque, che sia solo una persona o una comitiva da cento. Comunque chi vuole ascoltarti, si mette davanti al palco e chi vuole parlare, si siede nei posti più lontani. La pecca dell'Inghilterra è che nessuno ti paga: non abbiamo avuto né cena e né bibite e il massimo della paga è stato sessanta sterline. Guadagna di più l'artista di strada.»
Quali sono i gruppi, gli artisti che hanno influenzato il vostro stile musicale?
«John Frusciante, però da solista e non con i Red Hot Chili Peppers. Ultimamente ha cominciato ad usare drum machine a tutto spiano. Per il folk, Bon Iver, Glen Hansard, José González, William Fitzsimmons e Lisa Hannigan, l'ex corista di Damien Rice.»
Invece per quanto riguarda i testi c'è qualche cantautore che vi ha ispirato nella stesura?
«No, scrivo quello che mi viene in mente e basta. è una cosa abbastanza autobiografica, mi baso sulle mie esperienze.»
Quali progetti avete in serbo per il futuro?
«Sostanzialmente trovare un'etichetta, fare uscire il disco e cominciare un tour. Puntiamo però ad andare fuori dall'Italia.»
Un sogno nel cassetto?
«Suonare con John Frusciante (ride NdR).Riuscire a vivere con il progetto "Wrong On You".»
Il nome del gruppo sarà anche uno sbaglio, ma la loro musica no. E, dopo la partita, Marco ce lo ha dimostrato pienamente.
Francesca Marini, per Radio Libera Tutti