Santo cielo! E' il tizio che ha supervisionato le sessioni di registrazioni di anni di musica che hanno fatto la storia!
Me lo ritrovo al Black Out sulla Casilina con gli Shellac, il suo gruppo attuale.
Gli Uzeda aprono e non li ho mai sentiti dal vivo. Entro in un'esperienza musicale unica. Sul palco si presentano in 4 (batterista, bassista, chitarrista e cantante), lei è Giovanna Cacciola, una voce che dà il giusto supporto alle note distorte, battenti, sfrenate che escono da quel palco; un quarto strumento, un accento in più.
Sono insieme da quasi trent'anni e il collante che li tiene uniti è evidente; ovviamente non è un caso se aprono agli Shellac: si sono conosciuti in precedenza in quanto Albini ha prodotto il loro secondo album e li ha voluti lui.
Hanno tenuto il palco per un'ora piena e siamo rimasti tutti assorti, ognuno al proprio posto nonostante l’aria afosa che spezzava il fiato; proprio questo mi ha costretto ad allontanarmi e a perdere l'ottima posizione centrale al termine dell’esibizione. Gli Shellac si sono fatti attendere un po' e quando sono apparsi mi sono resa conto che ero davvero troppo lontana per osservarli, vedere quale fosse la loro interazione, il loro approccio agli strumenti, la loro complicità, studiarli insomma, pensando “maledizione! non sentirò né vedrò nulla!”
Mi sono ricreduta dopo il primo pezzo, quando ho capito che l'acustica migliorava di molto allontanandomi dalle casse.
E qui ritorno alla domanda iniziale, a cui ho girato attorno un po' per farvi assaggiare ciò che sono gli Shellac ma soprattutto perché avevo bisogno di prendere tempo per ordinare le mie idee. Quello che mi è sembrato più che evidente è che sono artisti che suonano come se dio si fosse infilato nelle loro braccia, sconvolgono la ritmica presentando una sperimentazione tecnica che è a dir poco accurata, quasi pedante. Per i primi pezzi non hanno rivolto parola al pubblico, un pubblico affezionato, un pubblico maturo, poi Albini si è sciolto e ci ha confessato che avrebbe voluto fare più casino ma aveva da poco subito un trauma al ginocchio e ci ha accompagnato in una sorta di viaggio pindarico attraverso suoni durissimi, una batteria scandita, passaggi studiati e rabbia, la stessa che li contraddistingue da anni, la stessa implacabile rabbia.
Un finale clamoroso. Steve ci annuncia gli ultimi due brani del concerto, ormai prossimo alla conclusione e quando portano a compimento il loro duro lavoro nessuno chiede il bis perché è stato un finale epocale. Eravamo tutti senza ossigeno, sudati e con i colli allungati per salutarli, almeno con lo sguardo, quando ci appare davanti la migliore fotografia che potevamo aspettarci: Albini a sinistra, Bob sulla destra e Todd al centro, tutti e tre uniti e concentrati sulla batteria a picchiare duro sui piatti, a fare uscire il miglior caos di sempre, come se fosse la fine di uno spettacolo pirotecnico dove si spara a caso ma tutto sembra avere un senso. Non rimane che applaudire e uscire a respirare di nuovo, tornare alla realtà, reimmergersi nei rumori della città consapevoli che se si vuole tornare a viaggiare attraverso quei suoni possiamo semplicemente inserire The Dude Incredible nel lettore e chiudere gli occhi.
Shellac - Dude Incredible