“Le Mura”(noto live music bar romano, ndr) sono la vostra seconda casa, come vedete il panorama artistico della città eterna?
A “Le mura”, abbiamo suonato la prima volta, lì abbiamo trovato produttore ed etichetta del nostro futuro disco, oltre a considerarlo tra i locali migliori di San Lorenzo, sì, è dove siamo nati e dove sono passati molti altri. Nonostante la capitale abbia una florida offerta musicale, spesso i locali sono restii a promuovere musica indipendente se non a fronte di garanzie di un pubblico corposo, questo è l’ostacolo principale degli artisti che fanno musica indipendente. Tra gli emergenti capitolini vi consigliamo: Teddy bear and palma, Mattia Brescia in arte ‘Rame’ e Jonny Blitz.
La vostra musica è una celebrazione dell’America, la scelta di collocarla in uno scenario così diverso dal vostro è naturale o frutto di una ricerca d’originalità?
E’ stato del tutto naturale, frutto di un percorso spontaneo e personale. Sono stati gli ascoltatori a farci notare il parallelismo con il sound americano, noi abbiamo riconosciuto tali assonanze solo in un secondo momento.
Quanto influiscono i social sulla vostra popolarità?
Oggi, purtroppo, sono fondamentali, per chiunque voglia intraprendere un percorso artistico indipendente. Fino a cinque anni fa lo scenario locale era sottotono: i social hanno amplificato la comunicazione, democratizzandola. E’ il rovescio della medaglia del nostro modo di fare musica oggi, ma figlio di quest’epoca, quindi strumento da utilizzare.
Credete apportino vantaggi rispetto alle opportunità alla portata dei cantautori degli anni ’70?
Negli anni ’70 i concerti erano concepiti come esibizioni di un singolo artista o come festival, oggi c’è una maggiore varietà di format e di artisti da proporre: prima ancora di arrivare a pensare a un prodotto, va ‘testato’ sul pubblico attraverso eventi di diversi tipo, tra questi rientra anche “In the Grove”. Inoltre tanti si affacciano sulla scena musicale, spesso autodidatti e autodiretti: un tempo, l’artista aveva sin dall’inizio etichetta discografica e produttore che lo infilavano all’ interno di un circuito molto strutturato che oggi esiste solo da un certo livello in poi, per questo i social se ben utilizzati, sono sicuramente un vantaggio.
Il 12 Aprile avete suonato all’ Auditorium, aprendo il concerto ai Mamavegas: me lo raccontate?
La proposta ci è stata fatta da una persona a cui siamo molto legati, Emanuele Mancini che cogliamo l’occasione per ringraziare. E’ stata una bella emozione, ci siamo confrontati con un pubblico diverso, seduto e composto, che non era lì per un'esibizione simile alla nostra (i Mamavegas suonano folk, ndr). L’abbiamo presa come una sfida, e dato il riscontro la consideriamo vinta.
Quest estate sarete allo Sziget, Cosa vi aspettate?
Di divertirci, sicuramente ci aspettiamo di divertirci. Prima di fantasticare sul futuro aspettiamo di pubblicare il disco e la conseguente risposta del pubblico. Finora abbiamo bruciato tantissime tappe, senza avere ancora pubblicato un disco ma solo caricando un video su YouTube ed esibendoci tanto, cosa che non credevamo fosse possibile. Ci sentiamo molto 'Cenerentole' e speriamo che la mezzanotte non arrivi mai, fortunatamente, per noi il tempo è soggettivo.
Un gruppo italiano che suona allo Sziget: cosa manca al bel paese per ospitare un evento del genere?
Servono meno pregiudizi e più carattere: un’idea della musica meno ‘arroccata’. Oggi abbiamo gli artisti del passato che sono pochi e continuano a riempire gli stadi, e artisti contemporanei che non hanno spazio perché non credono abbastanza nel proprio gusto, tanto da pensare che il loro progetto possa essere il loro futuro lavoro. Noi siamo cosi romantici da pensare che se ci si crede abbastanza, poi le cose succedono. A ciò va aggiunto che la musica leggera italiana, e la cultura che ne consegue, ha avuto una storia diversa rispetto agli altri paesi europei quindi non si riesce ancora ad ospitare un evento con tale risonanza.
Credete che la generazione artistica odierna non sia abbastanza propensa al sacrificio?
Fino a pochi anni fa credevamo fosse così, oggi riusciamo a sentire un vento di cambiamento. L’ uso dei social ci permette sicuramente d’istaurare un contatto diretto con il pubblico che è un incentivo, ma non siamo vittime della febbre del like: il nostro obiettivo non è fare del buon facebook, è fare della buona musica. I like debbono crescere di pari passo con la carriera musicale, la nostra immagine è figlia della nostra musica e non dovrebbe essere mai il contrario, sarebbe come incidere un cd con una bella copertina ma privo di contenuti.
La musica è la vostra prima occupazione?
Sì è la nostra prima occupazione, solo Michele e Mattia hanno un’occupazione che considerano secondaria. Suoniamo mediamente 3 sere a settimana e un live ha dietro un bel lavoro di preparazione. Vogliamo arrivare e continuiamo a percorrere questa strada, per questo è la nostra prima occupazione.
C’è stato un momento o un evento che vi ha fatto scegliere questo mestiere?
Non c’è stato un vero momento di rottura, ma più eventi minori che ci hanno reso consapevoli delle nostre potenzialità, della nostra musica: il pubblico è stato fondamentale. La formazione attuale l’abbiamo raggiunta solo 7 mesi fa quando ci ha raggiunti Michele, che ha sostituito il bassista precedente. Ma la vera svolta è arrivata quando Marco Troni (detto ‘papino’) ha iniziato a occuparsi della nostra organizzazione e gestione. Da quel momento è cambiato tutto, forse è stato quello il vero momento di rottura.
Come vi vedete tra 10 anni?
A suonare, dove, come, perché, con chi, non ci interessa. Speriamo insieme, in America.
Tutte le date ed i concerti di In the Grove -RLT Unplugged
Tutte le foto della seconda serata le trovate sull'evento facebook:
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Posted by RADIO LIBERA TUTTI on Martedì 9 giugno 2015