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FAST ANIMALS AND SLOW KIDS: L’INTERVISTA

Martedì, 16 Giugno 2015 08:08

E' domenica 14 giugno e sono quasi le 20.30 quando intravedo i FASK nel backstage. Chiedo alla ragazza che si occupa degli accrediti se posso entrare e lei mi dice di chiedere direttamente a loro. Li blocco e gli domando se posso fare un’intervista super veloce così li lascio andare a mangiare. Vengo subito esaudita e quando ci mettiamo comodi, dietro al palco, apprezzo il fatto che tutti i componenti del gruppo vogliono partecipare all’intervista.

I FASK sono quattro amici che si formano a Perugia nel 2007, in questi otto anni si sono dati da fare facendo uscire tre album e andando in tour viaggiando per tutta la penisola.  Radio Libera Tutti li incontra al Nessun Dorma Guidonia Rock Festival dove ogni anno viene organizzata questa rassegna sempre ricca di tanti nomi ormai veterani della scena emergente nostrana. 

Prima di parlare del vostro ultimo lavoro Alaska vorrei tornare indietro  nel vostro passato e chiedervi di parlarmi della collaborazione con Andrea Appino  frontman degli Zen Circus che vi ha aiutato a produrre il vostro primo album Cavalli. Come è nata questa collaborazione e questo incontro?

Mi risponde Aimone: Ci siamo iscritti al contest di Arezzo Wave qualche anno fa e non avevamo nemmeno gli strumenti, lo abbiamo fatto più per divertimento che per altro, cioè per la voglia di suonare. Avevamo zero speranza di vincere e invece incredibilmente i giudici hanno deciso di farci passare alle selezioni di Italia Wave che si tenevano a Livorno, abbiamo fatto un’esibizione incredibile perché abbiamo suonato tantissimo, ci hanno staccato la strumentazione e noi abbiamo continuato a suonare, ad urlare sul palco e a spaccare tutto, dopo di noi si esibivano gli Zen che hanno notato il tutto. Si sono incuriositi e ci siamo messi a parlare e proprio Andrea quella sera ci ha detto: vi faccio un disco. Tutt’ora ci sentiamo, siamo amici, è uno dei pochi personaggi in Italia che si muove in quest’ambito con passione, (girandosi verso i suoi compagni con un grande sorriso) la dimostrazione è che ha visto sti quattro stronzi e gli ha fatto un cd portandoseli in tour  e noi gli dobbiamo davvero tanto.

Ho letto che all’inizio della vostra carriera i vostri testi erano in inglese, pensate di far uscire in futuro un lavoro in inglese e di provare a fare un tour all’estero?

E’ una cosa che ci piacerebbe molto, amiamo moltissimo girare e sarebbe bello pensare che la musica ti potrebbe portare fuori rispetto a posti che bene o male iniziamo anche a conoscere piuttosto bene, sono cinque anni che giriamo più di inverno in realtà dentro ai club e non sarebbe male poter visitare altre realtà al di fuori del nostro Paese.

Il vostro ultimo album, uscito il 3 ottobre del 2014, è stato preceduto da un tour, dove alcune date sono andate sold out, come vivete questa cosa, soprattutto quando salite sul palco e sapete che avete un vasto pubblico?

In realtà è una cosa che era più frequente all’inizio, ora c’è un picco verso il basso (ride). Forse l’emozione più grande è stata al Magnolia, siamo arrivati con il furgone e ci hanno detto: è sold out. In parte salire sul palco dopo una notizia del genere è più facile, lo vivi meglio perché sai che tutte le persone che hai davanti sono lì per vedere il concerto e tendenzialmente sono lì per aiutarti. Anche perché nella maggior parte dei casi c’è anche una sorta di spiegazione del nostro lavoro, dei testi, del perché suoniamo in questo modo e per farci conoscere e per farci apprezzare. Questo lavoro in questo caso non c’è stato, in un sold out non c’è niente da spiegare perché sono tutti li per lo stesso motivo, più sudiamo noi più, sudano loro. Anche se io nei momenti prima del concerto mi cago in mano sempre, me la vivo con molta ansia. 

Parlando invece del vostro ultimo lavoro Alaska, ho notato che si parla molto di disagio, un tema ricorrente ultimamente per la nostra generazione e l’Alaska comunque è una terra ostile soprattutto per la temperatura. Quanto ha inciso tutto questo con il nome scelto per l’album? L’Alaska e il disagio hanno qualcosa in comune?

Assolutamente sì.  E’ proprio là. Per me questo disco è una roba un po’ distaccata, rappresenta un periodo ben definito, molto scuro, in parte problematico di fatto che però è un po’ come un posto che non conosci , molto distante, lontano, freddo e questa era la nostra idea, magari sbagliatissima, perché noi non ci siamo mai stati in Alaska.

Magari potreste fare un tour proprio lì! (ridono) Cazzo, sarebbe meraviglioso, anche senza tour comunque è un posto che vorrei visitare prima o poi. Quel posto dove tu vai a rinchiuderti, dove devi cercare di capire e fare piano piano dei passetti per cercare una via di uscita . E’ un po’ questo emblema del luogo lontano che va capito e vissuto.

Finisco l’intervista. Auguro ad Aimone, Alessandro, Jacopo ed Alessio di divertirsi questa sera sul palco e di ricevere da parte del pubblico del Guidonia Rock Festival quel calore di cui mi hanno parlato con tanto trasporto qualche minuto prima. Esco dal backstage e mi riporto a casa la mia prima intervista e la sensazione di aver fatto una chiacchierata tra vecchi amici che non si vedono da tempo.

Qui la gallery fotografica di Alessandro Giglio