I sardi Golaseca ci hanno parlato un po' di loro, delle loro influenze musicali, della loro terra d'origine, dei loro progetti e, soprattutto, della vittoria con il loro brano "Sud del sud" del Premio Web Social 2015 di "Voci per la libertà", vittoria che gli permetterà di accedere direttamente alle semifinali del concorso musicale organizzato da Amnesty International Italia che si terrà dal 17 al 19 luglio a Rosolina Mare (Rovigo).
Un rock dal sapore medievale che racconta i problemi ma anche le bellezze di una regione spesso lasciata a se stessa. Se volete scoprire la musica di questo gruppo e la loro dura denuncia sociale, non vi resta che ascoltare il podcast della puntata:
Come nasce il progetto Golaseca?
«Il gruppo è nato come nascono quasi sempre i gruppi: con un paio di scalmanati che prendono in mano un paio di strumenti e qualche buona idea. Abbiamo iniziato per gioco, per passare qualche ora in compagnia e poi è diventato qualcosa di più importante. Speriamo diventi anche un mestiere. Prima di tutto c'è la gratificazione di poter fare qualcosa ed essere ascoltati. Per quanto riguarda il guadagno, è una cosa relativa per un musicista e qui in Italia c'è chi fa tanti soldi ma poca musica. Mi dispiace dirlo, ma è la verità.»
Come mai "rock fiabesco? Ci spieghi questa definizione?
«Presto uscirà il nostro terzo disco. "Fiabesco" perché il mio modo di cantare e di concepire i testi spesso ricorda i toni di una fiaba. Ci sono canzoni che sono proprio delle fiabe. Ci piace raccontare così le difficoltà quotidiane. Forse sono più digeribili per gli ascoltatori. Uno non può fare rock e non raccontare quali sono i problemi della vita e dell'esistenza umana.»
Potresti parlarci del brano "Sud del sud" e della vittoria del Premio Web Social 2015?
«Noi siamo nati nel sud della Sardegna, uno dei posti più poveri dell'Italia. Terra di miniere, terra di fabbriche, terra di multinazionali che hanno distrutto le coste e poi sono andate via. Dall'Africa o da altri territori arrivano poi tante persone che stanno ancora peggio di noi. Cosa c'è di meglio nel raccontare di chi è più povero di noi? Molti dicono "prima dobbiamo pensare a noi perchè stiamo male". Però noi abbiamo una differenza sostanziale con questa gente: noi non abbiamo le bombe che ci cadono in testa. E' vero, qui abbiamo gli stipendi ridotti e qualcuno ha perso il lavoro. Però loro scappano da guerre e malattie e noi possiamo dimostrare al resto dell'Italia la solidarietà vera. Chi ha un solo pezzo di pane lo divide in due. Forse ci siamo dimenticati cosa eravamo negli anni passati, dopo le Guerre Mondiali, cosa vuol dire essere degli immigrati.»