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Musica

In the grove #8: il sound avvolgente dei Martingala

Giovedì, 02 Luglio 2015 10:47

Ufficialmente insieme dal 2014 sotto il nome di Martingala, nascono da una costola dei Redrum e da un’idea di Davide Rinaldi (voce, chitarra).  Mischiano italiano e inglese, realtà e magia, follia e maturità, dando vita a un genere che loro stessi definiscono Dream Blues. Sono prossimi alla pubblicazione del loro primo Ep, ma ancora non sanno come chiamarlo, vogliono prima guardarlo in faccia.

 

Provenite tutti da almeno un altro progetto musicale, cosa vi ha spinto a cambiare?

Abbiamo perseguito tutti un percorso molto vario, dai Redrum in cui facevamo musica elettronica, piena di sintetizzatori, effettini, computer, basi, metronomi, chitarre , basi, batterie… poi siamo cresciuti, maturati e siamo tornati alle origini, siamo tornati insieme al rock. Ora facciamo a gara tra di noi a chi ha lo strumento più datato.

Come si è creata questa mistura?

Da un idea di Davide: lui già componeva pezzi propri e pubblicava video sul web, da qui è nata la voglia di fare live e quindi la necessità una band. Noi eravamo tutti amici di vecchia data, compagni di strada e di vita musicale, abbiamo deciso di tornare a suonare insieme.  Musicalmente l’elettronica ci aveva  un po’ raffreddati, allontanandoci dal suonare veramente uno strumento, è stato un ritorno, anche questo.

Pensate di aver raggiunto un’omogeneità?

No, non lo siamo, ma siamo riusciti subito a rientrare in sintonia anche perché abbiamo suonato insieme negli anni migliori, in quelli in cui si cresce musicalmente, ci siamo formati insieme. Ci piace creare e sperimentare, con un occhio sempre agli anni ’70, ma con diverse sfumature: ad esempio, il nostro ultimo brano ha delle forti influenze francesi, non presenti negli altri mostri lavori.

Come mai scrivete testi mischiando italiano e inglese?

E’ una novità di Davide, prima abbiamo sempre proposto brani in italiano, lui per lavoro (è un videomaker RAI, nda) viaggia moltissimo, e il miscuglio di etnie e culture che ha avuto modo di conoscere, ha influito anche sulla sua creatività, scegliendo l’inglese perché molto musicale. Abbiamo cantato in inglese inventato e francese inventato proprio perché ci piace molto la musicalità di queste due lingue.

Mai pensato ad un talent?

Si, Davide si, per avere la possibilità di uscire fuori, di arrivare ai più, utilizzandolo esclusivamente come un canale pubblicitario. Certo l’opinione che abbiamo dei talent non è delle migliori. Davide stato selezionato, ma non è andato al provino per la successiva selezione, non ci credeva fino in fondo, non è una vetrina meritocratica e autentica.

Musica come mestiere o come passione e perché?

Assolutamente come passione, che diventi un mestiere è un’utopia. La musica in questo caso è svincolata da qualsiasi logica, da committenti, pubblico, stampa, aspettative. Ci serve per uscire fuori dal quotidiano, per evadere dalla vita pur rimanendo vivi. Quando abbiamo lavorato in precedenza con un’etichetta importante, siamo voluti andare via proprio perché ci sentivamo troppo legati.

Pensate di averci provato abbastanza?

Siamo giovanissimi come Martingala, suoniamo insieme da meno di un anno e abbiamo ancora molto da fare, molto da dire. Il dubbio di non averci provato abbastanza rimane solo per il progetto precedente, con questa nuova idea ci stiamo provando, speriamo sia abbastanza.

Internet è sicuramente lo strumento più democratico di comunicazione. Che ne pensate?

Verissimo, internet ti permette di crearti uno spazio, seppur virtuale, e di gestirlo riempiendolo dei tuoi contenuti, per arrivare a una moltitudine di persone vastissima, in diversi modi. E’ sicuramente uno strumento che ci avvantaggia, rispetto alle generazioni che non ne disponevano. C’è il rovescio della medaglia però: Insight è un app di Youtube, serve per conoscere il numero di visualizzazioni e la durata, quello che emerge è che l’eccessiva fretta ci porta ad ascoltare solo singoli e per pochissimi secondi con curve d’attenzione di 30/40 s. Questo non permette di farsi conoscere se non superficialmente.

E dell’utilizzo dei social?

Sono cani che si mordono la coda a lungo andare, a meno che non lo si adoperi con maestria. Dando la stessa possibilità a tutti, si moltiplica la concorrenza, e quel che si rischia è di perdersi in un mare di contenuti. Oltre a questo, è possibile comprare like e adesioni, risultando poco trasparente.

Descrivete stati di coscienza, considerate la musica come un contenitore per i tormenti dell’anima?

Non necessariamente tormenti, gli stati di coscienza possono essere anche degli stati di estasi o di stasi. Noi non utilizziamo musica per lanciare messaggi al mondo o per forgiare adepti, noi non facciamo pedagogia, anzi. Parliamo di impressioni, sentimenti, stati d’animo, anche di nulla. Un nostro pezzo, Primavera Stanca ad esempio, parla del torpore e dell’aria che si prepara ad accogliere la primeva, un’energia umorale, un paesaggio interiore.

 

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