Extra

Musica

Chemical Brothers: live lisergico @Rock in Roma

Venerdì, 03 Luglio 2015 13:51

Roma. 2 luglio 2015, Ippodromo delle Capannelle. Mentre attendo impaziente i Chemical Brothers, in programma per le 23, ascolto le band d’apertura (Joy Cut, Moods  e Flume), ma una frase rimbomba nella mia testa, ancora rapito dalla sessione estiva accademica: “Su ciò che non si può parlare, si deve tacere”

Come posso recensire dunque , da profano del genere,  e raccontare il concerto di una band ormai storica a cui sono legato più emotivamente che musicalmente ? Una band in attività da quasi 25 anni e capostipiti di un genere, l’elettronica, a me quasi sconosciuto. Beh, riflettendo su quella frase del Tractatus di L. Wittgenstein, ricordo cosa il filosofo volesse esprimere : ciò che più importa non si può dire, perché i limiti del mio linguaggio sono proprio i limiti del mio mondo. Ecco, i Chemical Brothers hanno travalicato quel linguaggio creando un esperienza musicale e visiva incredibile per chiunque fosse tra il pubblico, anche se non esperto del genere.

Dall’alto della loro postazione “spaziale”, tra synth e tastiere simile al quadro di bordo dell’Enterprise, sono riusciti a regalare uno spettacolo che rivisitasse i loro brani più famosi in chiave molto più ballabile e che regalasse un esperienza visiva composta da laser, video 3d, robot giganti, planimetrie di templi antichi, cornucopie di luce e troppo altro da raccontare. Con una precisione più svizzera che britannica iniziano alle 23 in punto, con un loop di Tomorrow Never Knows dei connazionali Beatles , avvolti in una nuvola di fumo e luci presentandosi come l’approdo di due alieni sulla terra. Con Hey Boy Hey Girl salutano il pubblico urlante ed eterogeneo, dal gabber all’hipster passando per metallari e ravers, e subito ci si trova calati in quel concerto dal sapore lisergico. Un esplosione di suoni, luci, grafiche e colori che pompano adrenalina nelle teste degli ascoltatori in visibilio. Al terzo brano Do It Again non c’era una sola persona che non stesse ballando: tutti divertiti, tutti urlanti, tutti completamente in estasi per quel trip ben mescolato e somministrato dal duo di DJs. La musica perfettamente curata nel minimo bip o dissolvenza, da ottimi produttori qual che sono, ripercorre tutti gli anni ‘90 e 2000 in chiave contemporanea e ballabile, con l’ausilio anche delle immagini alle loro spalle che amplia il loro linguaggio musicale e quindi il loro potenziale mondo espressivo, spostandosi addirittura attraverso il tempo con tutte quelle contaminazioni grafiche anacronistiche. Mentre fanno ballare il pubblico si ritagliano anche momenti di sperimentazione acustica, quasi in stile Pink Floyd o King Crimson, ancora una volta superando la dimensione temporale. Verso la fine del concerto con Galvanize, brano emblema per quelli nati come me all’inizio dei ’90, il pubblico stanco e affaticato riprende completamente vita. Come se gli fosse somministrato un’ennesima dose, i Chemical Brothers ricominciano a far ballare come fosse il primo brano della scaletta.

Giungono alla fine, un fascio di laser avvolge la loro postazione e tra le urla del pubblico abbandonano il palco. Alcuni tra il pubblico si affannano frettolosamente alle uscite o quantomeno cercano di lasciare il centro del parterre. Ingenui. I due fratelli risalgono sul palco per un bis che mi ha lasciato completamente a bocca aperta. Tutto quello che avevano proposto visivamente sul maxischermo a livello artistico non era casuale, anzi era un idea grafica ben precisa, perfettamente congeniata e legata anche a quella tendenza artistica a superare il tempo, ripercorrendolo avanti e indietro. Mi lascio risucchiare dalla loro The Private Psychedelic Reel e dalle proiezioni alle loro spalle di rosoni medioevali sovrapposti, affiancati e mischiati, che supera ancora il limite temporale come a dire “ti abbiamo proposto il meglio della computergrafica, ma alla fine anche una cosa semplice e sacra come il rosone di una chiesa, si sposa perfettamente alla nostra musica”. Gli ultimi 30 secondi del brano sono costellati da immagini medioevali di satanassi e dal campionamento della chitarra di Keith Richards della sua Sympathy For The Devil, in perfetta contrapposizione ai Beatles in apertura. Concludono realmente tra gli applausi stanchi e soddisfatti del pubblico. Io rimango seduto li in mezzo al cumulo di bicchieri di plastica mentre smontano il palco. Ripenso a che cosa  possa scrivere riguardo quel concerto, ma le frasi che risuonano nella mia testa sono stavolta di Galvanize:

don't hold back, get involved with the jam, 
don't be a prick, hot chick, be a dick
the world is holdin' back, the time has come to galvanize
the time has come to….push the button

My finger is on the button
… e non posso tacere, anche se non so parlarne. Invio.

 

 

La Scaletta del concerto