Provieni da un progetto corale, da cosa nasce l’esigenza d’intraprendere una carriera solista?
Il progetto precedente era rock’n’roll-punk da cui ho comunque continuato ad attingere, infatti molti dei miei brani risentono di arrangiamenti corali. Questa mia nuova veste solista è scaturita da una mia esigenza personale, avevo bisogno di comporre, di esprimermi individualmente. Ho scritto personalmente i brani, mentre gli arrangiamenti e la produzione è frutto di un lavoro a quattro mani con Giovanni Ottini, Dj Sonda.
Come mai hai scelto di non includere “Everything in its right place” nel tuo album?
Semplicemente perché essendo una cover dei Radiohead non ho voluto inserirla nel mio primo album, ma non escludo un giorno di pubblicare un lavoro contente esclusivamente cover riarrangiate da me.
Il tuo sound ripetitivo, l’avrei visto bene come colonna sonora di un film o di un corto, ci hai mai pensato?
Si, e vi anticipo che Crossroad è stato utilizzato per un corto canadese ancora inedito intitolato Nuclear Hope, un film documentario sullo smaltimento dei rifiuti nucleari in nord America. Non mi hanno ancora fatto proposte per un film ma se si palesasse l’occasione ne sarei entusiasta.
“Crossroad” è apparentemente una ballade, ma nasconde molto di più, cosa rappresenta per te?
E’ sicuramente il pezzo più noir dell’album, esprime il momento di perdizione che si vive prima di una scelta importante. Il ritmo cadenzato sta a rappresentare le domande che ruotano in testa a cui inizialmente non si trova risposta, poi cambia completamente per divenire più calmo perché dopo un’attenta riflessione si giunge alla scelta conclusiva. Ho voluto ripercorrere anche ritmicamente gli stati d’animo.
In Elephant l’elettronica lascia spazio alle coriste e ai fiati, scelta più classica, come mai?
Elephant è un pezzo con forti ispirazioni dub e racconta un sogno che ho fatto. Un grosso elefante mi correva incontro, animale emblematico per le culture orientali, sacro e pacifico, nel sogno mi inseguiva e mi voleva fare del male. Ho voluto ricreare questo ritmo “pachidermico”, reso con dei bassi molto profondi per la corsa di quest’elefante. Tolta quest’eccezione è un brano molto classico, standard, l’arrangiamento dei fiati è stata opera di Giorgio Tuma.
Voce Soul-black e influenze elettro indie, cosa ti ha ispirato?
Il mio background è molto vario, a casa si è sempre ascoltato moltissimo jazz, da li è scaturita la mia attitudine alla musica nera, poi l’elettronica degli anni ‘70 ha conquistato la mia maturità, con i suoi piani elettrici e gli organi mentre il mio primo progetto musicale aveva forti tendenze punk e rock’n’roll, tutto è andato a convergere in Former.
Vieni da una terra in cui la musica è una presenza prepotente, ma di quella salentina nella tua non v’è traccia, come mai?
Perché la musica che ha caratterizzato la mia crescita è perlopiù una musica d’oltreoceano, non escludo che in futuro possa sperimentare anche con la musica salentina.
Pensi che la tua terra ti abbia premiato o penalizzato per questa scelta?
Credo che mi abbia premiata, indice del fatto che il popolo pugliese sia un popolo di viaggiatori aperti e curiosi. La mia Fan Base è sempre più solida, ed è pugliese alle origini, nonostante sia un popolo così rispettoso e radicato alla propria cultura ha anche una certa sensibilità al diverso.
Canti in inglese e hai un genere d’avanguardia, che ci fai ancora in Italia?
Former ha avuto una parte di gestazione in Canada e questo ha influito prepotentemente nella sua stesura, si respira un clima internazionale. Ci penso spesso ad una fuga all’estero, anche se tornare fa sempre bene, ti costringe a fare i conti, anche se non vuoi.
Musica 2.0, distribuzione orizzontale ma molti meno diritti per gli artisti, come stanno cambiando le cose?
Lo streaming gratuito per un’artista emergente è un mezzo importantissimo, permette di farti conoscere. E’ cambiata tutta l’economia, grazie all’avvento di internet, bisogna saperne sfruttare al meglio i lati positivi.
Sembriamo assistere ad un ritorno al festival anche se in Italia non ce n’è uno che possa definirsi tale, perché?
Avevamo l’Heineken Jammin’ Festival, sopravvive forse l’italia Wave, ma siamo in un paese che già stenta a riconoscere la cultura tradizionale, come l’arte e la musica colta, figuriamoci l’alternative. Purtroppo ai vertici non si capisce che l’intera economia del bel paese potrebbe girare esclusivamente sulla cultura, di qualsiasi estrazione essa sia.
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