Roma non fa la stupida stasira ca li Sud Sound System mo stanno a sòna aquai! Se parole come "sciamu moi”, “scerrare”, “de pressa”, “mpunnu” ti suonano familiari, allora il tuo spirito raggamuffin ha tutte le carte in regola, o per lo meno le cartine.
Loro arrivano dalla terra dove c’è sempre “lu sule”, dove la gioventù italiana ogni estate si riversa per cercare lo stile di vita che solo questa parte dell'Italia ti può offrire. Si parla ovviamente dellu Salentu. Il dialetto salentino rappresenta il loro marchio di fabbrica, nonché l'anello di giunzione tra il caraibico reggae e le loro tradizioni musicali, la pizzica e la taranta. Usare il dialetto come ingrediente base è una scelta difficile, è un coltello a doppia lama.
Potresti rischiare di precludere il tuo seguito ad una ristretta cerchia di persone e rimanere in circuiti underground, cosa che comunque è avvenuta per il loro primo periodo di attività musicale. Di diverso parere sono stati artisti come Capleton, Macka B, General Levy, Luciano, Morgan Heritage, i quali, oltre a poter essere tranquillamente posizionati nella top 10 degli artisti giamaicani più conosciuti all’estero, hanno collaborato con i Sud Sound System. Alla faccia di chi diceva che il successo con dei testi così “ermetici” (ovviamente solo per noi comuni non-salentini) non sarebbe mai arrivato. Che poi scusate, ma da quando in Italia si capisce completamente cosa si ascolta? Non prendiamoci in giro, spesso anche a me capita di cantare una canzone ma di non sapere precisamente che cosa c*$%£ sto effettivamente dicendo.
Già ai tempi delle prime dancehall, dove credevi che tutto fosse pace e amore per il prossimo, a volte, giravano canzoni che inneggiavano all’omofobia, al sessismo e alla misoginia, e il bello era che neanche te ne rendevi conto, fino a quando poi cresci e capisci. Per fortuna i Sud non hanno mai accettato questo lato oscuro della cultura rasta e che il loro obiettivo primario è sempre stato quello di fare spettacolo per far divertire le persone e trattare tematiche importanti. Dunque, giù le luci. Applausi, ed eccoli emergere dal backstage del palco.
Nando Popu, Terron Fabio e Don Rico tornano a far ballare la gente dopo quasi 25 anni di carriera alle spalle, coinvolgendo la folla a suon di raggamuffin. Con l’uscita del loro ultimo album “Sta Tornu” avverto come il loro stile sia leggermente mutato rispetto ai primi album, adesso infatti è più elettronico, su questa linea si presenta anche la loro backline al concerto di Villa Ada. La "Bang A Riddim Band”, loro gruppo spalla da molto tempo, non è particolarmente numerosa, quattro elementi: chitarra, basso, batteria e tastiera. Tutti, tranne il bassista, utilizzano supporti digitali. Sebbene preferisca i vecchi Sud, le altre persone accanto a me non sembravano dello stesso avviso, cantavano e strillavano qualsiasi canzone. E’ solo il preludio per la reggae massive di Villa Ada, infatti quando Nando Popu invita tutti a tirare su gli accendini, si comprende che è arrivato il momento del loro cavallo di battaglia, le “Radici ca tieni”.
Scattano 5 o 6 Pull up (termine che usano i Dj per far ripartire la canzone proprio quando si è sul punto di far saltare in aria chiunque), e la folla impazzisce, partono anche “Erba Libera", "Beddha Carusa”, “Sciamu a ballare” e su di nuovo il polverone. Cough, Cough. Aspetta un attimo mi sa che non è polvere. Meglio così perché con questa musica Babylon tace, i poteri cadono, la lotta al proibizionismo trova nuova linfa vitale.
I Sud Sound System ci mettono tutti loro stessi per far valere la loro vena ecologista, si piazzano in prima linea contro i recenti avvenimenti dell’Ilva di Taranto, urlano contro il consumo smodato di carbone e ammoniscono i musicisti che celebrano soltanto i loro deliri d'onnipotenza. Il vero scopo della musica dei Sud Sound System? Arrivare al cuore delle persone più veloce delle parole dei politici e radere al suolo le differenze sociali e culturali che dovrebbero essere soltanto motivo di arricchimento individuale e non motivo di isterie collettive mass mediatiche. Se non avete capito il concetto, ve lo provo a dire così:
Se nu te scierri mai delle radici ca tieni
Rispetti puru quiddre te li paisi lontani,
Se nu te scierri mai de du ete ca ieni
Dai chiu valore alla cultura ca tieni. Se non dimentichi mai le radici che hai
Rispetti anche quelle dei paesi lontani,
Se non dimentichi mai da dove stai venendo
Dai più valore alla cultura che hai.
Un articolo a cura di Francesco Putortì