Il duo si forma nel 2009 e ha all'attivo tra ep e long playing già sei lavori, in cui il loro stile si è evoluto mantenendo i punti fondamentali che lo caratterizzano. Fuoriclasse nell'uso del sarcasmo che tanto contradistingue i nati in terra britannica, lo rendono parte integrante del loro show, dall'abbigliamento (portano papillon, camicia a quadri e giacca di tweed, sembrano usciti da una domenica di caccia in qualche tenuta nelle Costwolds), all'uso di una voce registrata per interagire con il pubblico. I primi a godere di quest'atmosfera goliardica e della resa reale sono loro.
Aprono il concerto i Plugger, nuova band britannica che nasce dell'unione di musica sperimentale e arti visive. Salgono sul palco con degli strumenti che di analogico hanno solo le forme, nient'altro. Sembrano essere una batteria, una chitarra elettrica, e un sintetizzatore, ma abbiamo certezze solo su quest'ultimo. Salta la corrente un paio di volte, secondi di disguido gestiti con disinvoltura, e si riprende esattamente da dove ci avevano lasciato, non un battito dopo. Il pubblico è adulto, sono tutti over 30, qualche figlio al seguito: riempiono la sala, fino alla chiusura del botteghino per sold out. Un sold out che non ci si aspettava dopo soli sette mesi di assenza dalla capitale, e in cui sono tornati per il loro ultomo EP, uscito a novembre.
Rompono il ghiaccio con Sputnik, poi una voce registrata, la stessa di cui fanno uso da sempre annuncia Signal 30 e ci scateniamo in un rock che sembra rubato ad un'altra epoca. Dietro scorrono immagini di pubblicità risalenti alla seconda metà del Novecento. Poi Night Mail e qui la voce è quella di John Fitzgerald Kennedy e le immagini quelle dell'esercito, in perfetta sincronia con i ritmi, pazzesche. A salutarci prima di Korolev, dove J. Willgoose, Esq utilizzerà la tromba, è di nuovo una voce registrata: It's nice to meet you.... Roma! Le voci e le immagini storiche rendono il concerto al limite di una esperienza didattica. Valentina strizza l'occhio ai Mogwai, mentre Roygibiv vede un banjo d'ispirazione comune con quella dei primissimi Munford and Sons. Nel resto prendono a piene mani anche dai Pink Floyd e dalla new wave degli anni 90, sarà per questo che sono tutti over 30. The other side vede solo syhnt e suoni digitali, quelli analogici sono sfumati via. Poi la movimentatissima Go! e Lit up, qualche minuto e tornano per il richiestissimo bis che vede Gagarin ed Everest, due cavalli di battaglia. Saluti, ringraziamenti, selfie e photo. Finora non avevamo mai sentito vibrare le loro corde vocali, ma dopo il selfie si sbottonano e ci ringraziano, nuovamente, calorosamente. Roma ti amiamo, sono le loro ultime parole prima di essere avvolti di nuovo dalla penombra del backstage.
La scaletta del concerto:
Sputnik
Signal 30
Night Mail
Korolev
E.V.A.
Valentina
Roygibiv
If war should come
Spitfire
The other side
Go!
Lit up
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Gagarin
Everest
di Giulia Lupi