Dopo il fermento di live estivi, sarebbe ora di un momento riflessivo, chiunque avrebbe detto lontano dal rock; la realtà è che spesso il rock non è metallo, pelle e sudore, ma uno stato dell’anima che il gruppo originario di Londra, possiamo affermare dopo questo live, possiede di certo.
A seguito dell’apertura del folk made in Italy di Wrongonyou, il gruppo si fa attendere poco: salta subito all’occhio la figura esile e delicata di Elena che lascia già pregustare quel live che tutti attendevamo.
Le luci si abbassano e già dalle prime note il pubblico, di tutte le età, esplode in un silenzio naturale, una vera e propria chiamata a raccolta dei cuori degli spettatori. Si cade così molto presto in un incantesimo intervallato solo dai timidi “Thank you” di Elena, che ci fanno un po’ sorridere dopo aver assaporato la maestosità e l’incredibile precisione della sua voce, e dagli applausi entusiasti del pubblico presente e attento alla più impercettibile nota.
Come i più bei quadri, la voce limpida di Elena Tonra è incorniciata perfettamente da un sound ricco e studiato nel minimo dettaglio che in versione live si mostra nel suo vestito più bello. Se già abbiamo apprezzato più volte i loro lavori in registrato, non possiamo non ritrovarci trascinati in una dimensione nuova con, se possibile, un crescendo di intensità.
La sensazione è facilmente intuibile dallo sguardo sognante del pubblico attratto e soggiogato dall’atmosfera che si è creata e che non può fare a meno di contenere l'incanto che la performance regala. Suoni pieni di basso, chitarra e batteria che si intrecciano in una danza appassionante e si manifestano in forma di brividi, si intensificano nel momento in cui il ritmo delle battute e delle corde rallenta per lasciare spazio alla voce: le sigarette bruciano lente, i movimenti sembrano più morbidi, in un clima accogliente, che sa di casa. Poi di nuovo, un mix di emozioni turbina per tutta la durata del live e nel frattempo le coppie si abbracciano, si baciano, e si emoziona la folla ormai sempre più affamata di belle sensazioni.
Villa Ada diventa, in una strana e piacevole magia, una casa in cui perdersi e ritrovarsi.
Dopo il loro più grande successo, Youth, veloce cambio di chitarra per Igor Haefeli e giusto il tempo, in alcuni casi, per asciugarsi le lacrime.
“This is our last song, sorry” mentre Elena sembra davvero dispiaciuta, come se la fine del concerto fosse un po’ colpa sua, il pubblico esplode in un corale dissenso, seguito da una performance forse anche più intensa delle precedenti.
Il gruppo esce, ma ai più attenti non sfugge un dettaglio nell’angolo destro della scena, qualcuno sta accordando l’unica chitarra rimasta sul palco; tra l’entusiasmo generale, infatti, i Daughter tornano di nuovo e ci regalano l’ultima performance con “Made Of Stone”, che è anche l’ultima traccia del nuovo album.
Tra gli applausi, non posso fare a meno di notare che quest’ultima traccia non è stata affatto lasciata lì per caso, riascoltando l’ultima strofa è chiara l’intenzione: in un’ora e mezza di live i Daughter hanno impartito una lezione di emozione tramite “strutture di sussurri che passano attraverso le nostre vene” e alla fine, il piccolo regalo che chiude l’ultima traccia e il live:
“You’ll find love kid, it exist.”
Il concerto sarà anche finito, ma diciamo che si sono fatti perdonare.
Di Arianna Franzolini
Le foto del concerto
Foto di Alessandro Giglio