Il MEI è una manifestazione che ha l'obiettivo di promuovere la scena musicale indipendente italiana. Si tratta di tre giorni di concerti, convegni, presentazioni letterarie e mostre che quest'anno si terranno dal 23 al 25 settembre a Faenza.
Un appuntamento importante per scoprire il sottosuolo artistico italiano.
Un connubio di arti, un incontro di persone determinate a diffondere e a far crescere la cultura indipendente ed emergente del nostro Paese.
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Abbiamo spiegato a grandi linee che cos'è il MEI. Ma per lei cos'è il MEI?
«Il MEI è l'idea che è venuta vent'anni fa ad un gruppo di amici che poi si è sviluppata ed è cresciuta, senza poterlo immaginare, diventando un punto di riferimento nazionale della musica italiana. Quindi un motivo d'orgoglio, perchè sicuramente quando è nata non ce l'aspettavamo. Non avremmo mai immaginato che avremmo fatto questo percorso.»
Possiamo ancora utilizzare "indipendente" come termine?
«Comincia ad essere usato poco, ormai è obsoleto. Fa parte di un vecchio mercato, quello dei CD: si scontravano i CD delle major distribuiti dalle multinazionali che avevano una grande forza distributiva e promozionale, e c'erano poi i dischi indipendenti prodotti dalle etichette indipendenti che avevano un loro mercato alternativo e che in qualche modo presentavano una scelta stilistica e di contenuti, di testi, diversa da quella delle multinazionali. Sono mercati che a livello nazionale non ci sono quasi più. Oggi, se vogliamo parlare di musica indipendente, dobbiamo parlare della musica under 30 che va per lo più sui social e che fa incassare ben poche risorse ai giovani rispetto a vent'anni fa. Se vogliamo però sottolineare ancora l'esistenza di una musica indipendente, è proprio la musica nazionale: di fronte alla musica multinazionale, globale, dove sette o otto marchi di piattaforme online e tre major hanno artisti che vengono da tutto il mondo in ambito rock, rap e pop, la risposta della musica indipendente è proprio fare musica nazionale. Molti artisti italiani lasciati dalle major si autoproducono e diventano etichette indipendenti anche loro.»
Avete scelto Motta come miglior artista indipendente del 2016. Quali caratteristiche deve avere un artista per ricevere tale premio?
«La giuria è guidata da Federico Guglielmi e non mi inoltro nelle motivazioni sue e di tutti gli altri. Posso parlare della mia motivazione: deve essere un artista giovane che testimonia il ricambio generazionale e definitivo della musica indipendente emergente con un disco che, in qualche modo, in un epoca come questa in cui ci si rifà al pop o si è travolti dal mainstream dei talent, si rifà invece alla cultura angloamericana del rock alternativo indipendente con testi di grande spessore, con musiche non abituali e un'immagine di un artista nei video che sono fuori dagli schemi tradizionali italiani.»
A Faenza si terrà anche il Premio Italiano Videoclip Indipendente che quest'anno se l'è aggiudicato Calcutta con "Cosa mi manchi a fare", regia di Francesco Lettieri. La figura del videomaker negli ultimi tempi è esplosa: secondo lei quali qualità deve avere un videomaker per distinguersi e perchè secondo lei ha vinto questo videoclip?
«Oggi il videomaker può essere inserito a pieno titolo tra gli autori di un brano e quindi percepire dei diritti. Non c'è brano senza video, e il video può imprimere una svolta al brano stesso. Contribuisce in qualche modo al testo e al successo del brano. Francesco Lettieri per quanto mi riguarda (non sono un esperto cinefilo) esprime attraverso i suoi video degli elementi prioritari e a sorpresa che non sono banali e che raccontano una storia all'interno della storia della canzone, senza estraniarla dalla canzone stessa, cosa difficilissima.»
Il giornalismo musicale: ha abbastanza spazio nel nostro Paese? Qual è la situazione in Italia e cosa si potrebbe fare per migliorarla?
«Il 24 e il 25 a Faenza facciamo un Festival del Giornalismo Musicale di due giorni per rispondere a queste domande. C'è un dibattito acceso fra gli operatori dell'informazione e quindi quando l'abbiamo lanciato, ribaltando i concetti tradizionali del festival e partendo dai giornalisti, ci siamo accorti di avere sfondato una porta aperta e abbiamo avuto un grande riscontro e tantissime adesioni. Con il forum si risponderanno proprio a queste domande: oltre a prefigurare uno scenario futuro della musica, prefigurare uno scenario futuro del giornalismo. Vediamo che risposte arrivano. Tutti hanno parlato di musica da noi: artisti, promoter, produttori, associazioni. Oggi parleranno anche i giornalisti.»
Audiocoop è un'associazione che si rivolge agli editori e ai discografici per promuovere la musica italiana anche all'estero. Uno degli obiettivi di questa associazione è la realizzazione di un codice etico per la musica live. Perchè c'è bisogno di un codice etico per la musica live?
«La musica live ha molti problemi: mancanza di risorse, di spazi. L'idea è quella di creare dei punti di riferimento che operino all'interno di quei locali in regola. Non sarà un lavoro dell'oggi, ma dell'immediato futuro. Se si escludono i festival che stanno crescendo, c'è crisi nei locali, nei club che fanno musica originale e inedita. Vorremmo fare qualcosa che non impatti su di loro, ma li aiuti a fare delle proposte di musica live inedita.»