Era ormai anziano ma non per questo ci ha lasciato senza prima donarci la sua ultima fatica artistica alla veneranda età di 82 anni, You want it darker, pubblicato proprio il giorno del suo compleanno, lo scorso 21 settembre.
Il cantautore canadese è morto il 7 novembre scorso, ma la famiglia ha dato la notizia solo dopo l'ultimo intimo saluto nella sinagoga della sua congregazione di origine, la Shaar Hashomayim di Montreal, tenutasi giovedì 10 novembre.
Lui, classe 1934, era nato a Montreal da una famiglia modesta. Nel 1956, a 22 anni, pubblica il primo di una lunga serie di libri di poesie. Nel 1961 lascerà il Canada per una piccola isola greca, Hydra, da dove continua a pubblicare raccolte di poesie. Una passione che il cantautore confessa essere nata dal suo amore per il poeta Federico Garcia Lorca. Ogni verso di Cohen è insieme ricerca e confronto per giungere alla perfezione di un verso che possa eguagliare la grandezza del poeta spagnolo.
L'idea di mettere in musica le sue poesie è arrivata solo nel 1967, quando grazie ad artisti come Dylan, il mondo musicale era pronto per canzoni più intense, visionarie, poetiche e raffinate. Con Songs of Leonard Cohen il poeta diventa cantautore. E così la cultura spagnola, oltre che i suoi vers, ispira le corde della sua chitarra, strumento che imparò a suonare da giovanissimo proprio da un ragazzo spagnolo che suonava il flamenco nel giardino pubblico di fronte alla sua casa di Montreal. Gli arpeggi di the partisan o di Avalanche ne possono dare un'idea.
Da Suzanne in poi la sua importanza nella musica e nella canzone cresce, in perenne ricerca musicale e poetica, mai svenduto al mercato discografico e non per questo sconosciuto, dal Canada all'Australia passando per la Francia, il grande pubblico negli anni ha apprezzato le sue canzoni e gli oltre 20 dischi pubblicati, fra album live e raccolte.
Dopo gli eccessi degli anni '70, dal concerto all'isola di Wight al Chelsea Hotel di New York, arrivò un periodo di riflessione che portò questo "canadese errante" a entrare nel monastero buddista di Mount Baldy in California, dove venne ordinato monaco nel 1996.
Sempre in linea con i tempi ma mai di moda, sempre attento alle più diverse tradizioni culturali e ciò nonostante mai autoreferenziale, capace sempre di sedurre ed emozionare con il colore della sua voce avvolgente, grave, velata dal fumo e da una vita intensa come le sue canzoni. Come tutti i grandi maestri ha ispirato tanti artisti e molti negli anni gli anno reso omaggio, dai Pixies agli R.E.M, da Fabrizio DeAndré a Nick Cave, oltre alla famosa versione di Halleluja incisa da Jeff Buckley.
Non è dunque per elogiarlo che pensiamo che con lui se ne vada un grande poeta del '900, ci sono i suoi libri e i suoi dischi a mostrarlo. E per quanto si cerchino le parole giuste per salutarlo, "non c'è modo di dire addio".
Stefano Pilotto