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Musica

Tracce di una caparbia mutevolezza – Intervista ai Notwist

Mercoledì, 23 Novembre 2016 18:10

In occasione dell'uscita del primo album dal vivo "Superheroes, Ghostvillians & Stuff’, abbiamo fatto quattro chiacchiere con i Notwist

Dopo quasi trent’anni trascorsi a riscrivere le proprie regole e codici musicali, i Notwist tracciano il punto e a capo di una brillante carriera con il primo album dal vivo. A ‘Superheroes, Ghostvillians & Stuff’, fedele testimonianza di una delle tre serate sold out all’UT Connewitz di Lipsia, il dovere di trasmettere l’energia live della band tedesca e di riproporre gli episodi più riusciti della sua discografia più recente, senza tralasciare qualche incursione nel passato più remoto. Per l’occasione, ne abbiamo parlato con i fratelli Markus e Michael Acher e con Martin Gretschmann e Andi Haberl.

Ok, cominciamo dalla fine. Il 14 ottobre avete pubblicato ‘Superheroes, Ghostvillians & Stuff’, un album dal vivo, il primo nella vostra lunga carriera. Cosa vi ha spinto a pubblicare questo disco, e perché proprio ora?

Molti dei nostri pezzi assumono un’altra fisionomia dal vivo, e quindi in molti ci hanno chiesto di ascoltare quelle versioni speciali, preferendole addirittura alle versioni in studio. Perciò, l’idea era nell’aria da un bel po’… ma non ci ha mai persuaso del tutto l’idea di un disco dal vivo, a esser sinceri. Ci abbiamo messo un sacco ad abituarci a quell’idea, cioè all’idea di concentrarci sulla musica, a prendere la faccenda come una sorta di cover live dei nostri pezzi in studio. In sostanza è una testimonianza dello stato attuale dei pezzi.

 Avete fatto un sacco di strada come band: avete iniziato alla fine degli anni ’80 con una musica a metà strada tra hardcore, grunge e metal. Poi, intorno alla metà degli anni ’90 avete iniziato a rallentare, ad ammorbidire il suono e a rimescolarlo con suoni digitali ed elettronici, con glitch e droni, portandolo allo stesso tempo verso sonorità vicine al folk. Per quanto sia naturale per una band così longeva di cambiare e di sperimentare con la propria musica, quali sono state le fonti d’ispirazione che vi hanno portato a cambiare così tanto? E, tornando al presente, quanto è difficile riprodurre tutti questi generi e sonorità dal vivo?

Abbiamo sempre avuto molte influenze. Al principio, eravamo attratti praticamente da tutte le band hardcore e indie americane. Successivamente, ci pensarono Autechre e Aphex Twin a traghettarci verso l’elettronica, mentre Mouse on Mars, Tortoise e Stereolab ci mostrarono come suonare elettronica dal vivo con strumenti “veri”.
Poi sono venuti i Can e molti altri grandi episodi del krautrock. Infine, "Laughing Stock" dei Talk Talk è stato un disco fondamentale per noi.

Quando siamo in studio, non ci poniamo mai il problema di come riproporre i brani dal vivo. Quello che facciamo è provare nuovi suoni e strumenti per suonare dal vivo. Le versioni in studio dei brani non devono essere per forza quelle definitive: a volte suoni un pezzo centinaia di volte e, all’improvviso, ti viene un’idea che rende il brano molto più incisive ed efficace.


Streaming integrale di ‘Superheroes, Ghostvillians & Stuff"

Il concerto da cui è tratto ‘Superheroes, Ghostvillians & Stuff’ è stata la seconda di tre date sold-out all’UT Connewitz di Lipsia. Cosa vi ha portato a scegliere proprio quella data anziché le altre? Non avete pensato a selezionare i pezzi migliori da ciascun concerto? La scelta di quelle tre date è stata casuale o premeditata?

Abbiamo scelto di registrare i concerti di Lipsia proprio perché si trattava di tre live di seguito. Per quanto riguarda il primo, dovevamo ancora sistemare alcune cose nel sound, e inoltre eravamo tutti molto concentrati e condizionati dal fatto di essere registrati. Il secondo giorno è stato perfetto, per cui abbiamo deciso di sceglierlo come data per la realizzazione dell’album. Oltretutto, visto che in quasi tutti i casi ogni canzone è legata alla successiva senza soluzione di continuità, era difficile intervenire nel mix ed è per questo che non era più di tanto possibile pescare i brani tra una data e l’altra.

 Qual è stato il momento più difficile della vostra carriera? Siete mai giunti al punto di valutare l’ipotesi di sciogliervi?

In realtà mai, siamo stati fortunati.

In molte recensioni vi definiscono un ponte tra il krautrock e stili più recenti che vedono l’incontro tra sonorità digitali e analogiche. Come vi sentite a riguardo di questa importante eredità che vi hanno attribuito rispetto ai vostri compatrioti degli anni ’70?

Il krautrock ci piace molto. L’abbiamo scoperto abbastanza tardi (poco prima dell’uscita del nostro disco ‘12’ ) grazie al libro di Julian Cope (‘Krautrocksampler’, ndr), ma ne siamo diventati fan all’istante. Negli anni ’90 non era particolarmente popolare o diffuso in Germania. Ci piacciono soprattutto i Can, una band sempre attuale.

Come avete scelto le scalette per le date all’UT Connewitz? Ho visto che gran parte dei brani sono tratti da ‘Neon Golden’ e ‘Close To The Glass’, con qualche altro preso da ‘The Devil, You + Me’ e anche una traccia direttamente da ‘Nook’. Seguite una qualche logica nella scelta dei brani o ci sono ragioni più istintive?

Questi sono i pezzi che hanno sempre funzionato di più nel corso degli anni. Di solito ne suoniamo anche alcune da altri album, ma non è stato il caso di quella sera. Ci sono sempre delle piccole variazioni. E abbiamo anche suonato 2 or 3 pezzi che non sono venuti tanto bene, e quindi non li abbiamo inseriti nell’album, alla fine.

 notwist

Siete anche noti per i tanti side-project cui avete dato vita nel corso degli anni: Lali Puna, Tied & Tickled Trio e tanti altri. Come sono nate tutte queste band? Volevate percorrere altre strade che, in qualche modo, non sentivate compatibili con la produzione Notwist? O erano solo dei pretesti per sperimentare liberamente senza il peso del nome della band principale? Ci saranno delle novità a breve da qualcuno di questi side-project?

È un modo per provare cose inedite senza dover necessariamente inserirle all’interno della produzione dei Notwist.

E nelle altre band ci sono componenti che hanno idee e desideri ben definiti riguardo al tipo di musica che vogliono creare. Tutto questo è fonte di ispirazione e linfa per lo sviluppo di nuove idee. In futuro, siamo seriamente intenzionati a fare qualcosa di nuovo con i 13 & God, un giorno (la collaborazione con il duo hip-hop americano Themselves, ndr).

Si dice che i tempi di crisi siano prolifici, dal punto di vista artistico. Stiamo vivendo un’epoca non proprio serena in Europa, e non solo qui da noi, visti le recenti notizie dagli Stati Uniti. Come vivete questi tempi di incertezza? In che modo influenzano la vostra musica e il vostro lavoro?

Sì, ci condiziona molto. Siamo molto arrabbiati e dispiaciuti rispetto alle vicende politiche che interessano tutto il mondo di questi tempi. Potrà suonare un po’ ingenuo, ma cerchiamo di fare della musica che rispecchi il modo in cui vorremmo che fosse il mondo: tollerante, aperto, accogliente, senza limiti né timori.

I vostri brani sono stati remixati da molti DJ e producer, e avete realizzato diverse collaborazioni con band e cantautori. Quale di queste esperienze ricordate con particolare piacere? Con quale artisti vi piacerebbe collaborare?

Ci sono molti artisti con i quali ci piacerebbe collaborare. La prossima settimana registreremo qualcosa con una delle nostre band preferite, i Tenniscoats di Tokyo. Non vedo l’ora! In ogni caso, ogni collaborazione è stata fantastica, e unica nel suo genere. Suonare con quel fenomeno di batterista che è Billy Hart su un album dei Tied+Tickled Trio è stato incredibile. E anche lavorare con i nostri amici ‘Themselves' da San Francisco è stato qualcosa di grande, e istruttivo.

Appena prima di ‘Superheroes, Ghostvillians & Stuff’ avete pubblicato ‘The Messier Objects’, una raccolta di frammenti sonori e suoni cinematici, più che un album vero e proprio. Lo avete realizzato pensando a una possibile colonna sonora per un film? Se sì, si tratta di una direzione che vorreste intraprendere nella vostra carriera?

Lavoriamo spesso a delle colonne sonore per film, e a volte anche per programmi radiofonici e per il teatro, e quindi ci è venuta l’idea di raccogliere tutto questo materiale in un album. E abbiamo scelto la musica in modo che suonasse naturale e coerente anche senza il contesto delle opere per la quale era stata scritta. È stata una vera e propria sfida mettere insieme quei brani, ma si tratta di un elemento che, tra gli altri, è sempre stato presente all’interno della nostra musica.

Che futuro vedete per la band? Siete già al lavoro su materiale inedito? In che modo vivete i tanti cambiamenti che ci sono stati nella vostra produzione musicale: sono incentivi per andare sempre oltre e cercare nuove forme di espressione, o vi sentite a volte schiacciati dal peso della eterogeneità della vostra musica, vittime di una sorta di sindrome “E adesso cosa facciamo?”

Abbiamo tante cose in ballo in questo periodo. La nostra etichetta Alien Transistor, ad esempio. E poi c’è un festival che organizziamo nelle date del 2 e del 3 dicembre nella nostra città, Monaco, per il quale abbiamo invitato tanti artisti internazionali che stimiamo, come Sun Ra Arkestra, Tenniscoats, Dawn of Midi, Carla dal Forno, Joanna Gruesome, Ras G., Mark Ernestus Ndagga Rhythm Force, Melt Banana e tanti altri. Il festival si chiama Alien Disko (https://www.muenchner-kammerspiele.de/inszenierung/alien-disko). Ora come ora, sentiamo un forte senso di comunità e il bisogno di lavorare con persone che condividano le nostre idee e il nostro modo di vedere le cose. 

 

Di Eugenio Zazzara.