Ecco l’estratto ed il podcast per riascoltare l’intervista.
Luca, “Un incubo stupendo” è il vostro quinto album in studio…come sta andando?
Molto bene, I singoli sono stati molto apprezzati. Qualche vecchio fan che ci vuole sempre arrabbiati si è anche un po’ incazzato, ma questo è quello che volevamo.
È un disco dall’attitudine molto punk ed è in controtendenza con il modo di scrivere che va di moda al momento, sei d’accordo?
La disillusione, la voglia di esagerare e la libertà assoluta che ci prendiamo sempre c’è e non cambia. Il disco è meno spigoloso, più rotondo e ci sono delle nuove sonorità. È diverso dagli altri semplicemente perché tutti i dischi devono essere diversi gli uni dagli altri e non bisogna essere sempre uguali a se stessi per assicurarsi i favori del proprio pubblico. Di conseguenza il pubblico deve cambiare, si deve abituare a delle cose diverse, ai cambiamenti e a una crescita dell’artista. Viceversa, anche l’artista deve abituarsi ai cambiamenti del pubblico.
Qual è la differenza sostanziale tra il vecchio e il nuovo Management? Soprattutto a livello personale tuo e di Marco, che siete rimasti la vecchia guardia della band.
A trent’anni entri in quella fase della vita dove ti vengono a mancare le certezze, si comincia a pensare alla famiglia, a pensare veramente al futuro. A noi invece è capitato di vivere una seconda adolescenza. Noi siamo abituati a scrivere delle canzoni che si rifanno molto a quello che viviamo e a quello che siamo, di conseguenza il cambiamento è obbligatorio proprio perché nei nostri pezzi ci sono sempre delle idee personali e un modo intimo di descrivere un’emozione. Quindi tutti i nostri dischi in realtà sono molti diversi tra di loro.
Nel pezzo che dà il nome all’album, “Un incubo stupendo”, scrivi: “E non funzionerà, deluderemo tutti, ma questo è il posto dove voglio stare, è un posto bellissimo, dove tutto crolla e va a fondo, è un incubo stupendo”. Questi versi reclamano una necessità del dare importanza all’aspetto reale delle cose, anche se meno attraente rispetto alla patinata apparenza del mondo social, e più in generale della maggior parte della società attuale.
Questa, insieme a tutte le cose di cui parla il disco, è anche una sorta di dichiarazione d’amore verso il mestiere che facciamo, verso la musica e, in generale, verso tutte le cose che ci circondano. A dispetto di questa società che ci obbliga alla perfezione, a essere sempre vincenti, a essere sempre al primo posto delle classifiche e a dispetto dei guadagni, questo è il posto dove sto bene anche se tutto crolla, perché credo che le persone debbano fare le cose che amano e che le fanno stare bene a prescindere dai risultati
Nel video di “Naufragando” ho trovato bellissima la metafora di una nave che affonda, sopra della quale una coppia di anziani affronta la fine imminente con serenità. Domanda alla Marzullo: come affronterebbe un naufragio una coppia di giovani dei nostri tempi?
È una domanda difficile (ride). Posso dire che nella storia passata quando si verificava una calamità molto spesso le persone di fronte all’idea della disfatta iniziavano a rubare, uccidere, fare delle orge. Probabilmente io farei un po’ di casino se sapessi che la fine è vicina. Farei l’amore, visto che sono gli ultimi minuti.
Cosa ne pensi della situazione attuale della musica italiana alternativa ed indipendente, se ancora così si può chiamare?
Credo che il mondo musicale italiano sia in gran forma. E il fatto che alcuni gruppi si siano affacciati un po’ di più al mondo pop ha dato l’opportunità a tutti quelli che sono interessati a questo mondo di avvicinarsi alla musica indipendente.
Di Umberto Andreacchio.