SLOWDIVE – S/T
Dead Ocean Records | Shoegaze
Ritorno sontuoso per la band di Reading. A ventidue anni di distanza da ‘Pygmalion’, gli Slowdive onorano l’inevitabile appuntamento con la reunion confezionando un album impeccabile, etereo e, manco a dirlo, fatalmente nostalgico. Non aggiunge molto a quanto già deliziosamente detto dalla band negli anni ’90, se non una produzione meno low-fi e più levigata e tracce delle esperienze pregresse e post-Slowdive dei singoli membri (Mojave 3 in particolare, come in ‘Sugar For The Pill’). Altrove, si espandono le tentazioni post-rock e si fa l’occhiolino a band amiche-rivali dello stesso periodo (come i Ride in ‘Star Roving’, peraltro anch’essi attesi al varco della reunion). Ciò detto, quest’album omonimo va preso per quello che è: un punto fermo, un regalo ai fan e un viatico per l’attività live.
Mood: Bei tempi andati
MOON DUO – OCCULT ARCHITECTURE VOL. 2
Sacred Bones Records | Psichedelia, Shoegaze
Se il primo volume di questo Giano Bifronte era lo Yin, allora questa seconda istanza non può che rappresentare il contraltare luminoso e apollineo del dittico. E dunque sì, qui l’atmosfera si rischiara, gli uccellini cantano, arriva la primavera, e via così. Dove la prima parte operava per condensazione di umori terrei e tenebrosi, la seconda si nutre di prospettive più rosee e cangianti, pur non rinunciando alla stratificazione sonora di fabbrica Johnson-Yamada. La presenza di Jason Pierce e dei suoi Spiritualized come santi patroni dell’album è evidente, oltre a più insolite coincidenze (‘New Dawn’ ricorda la nirvaniana ‘All Apologies’). Ma anche qui la coppia mantiene alto il livello e rende giustizia al primo capitolo, regalandoci finalmente il gemello buono.
Mood: Zodiacale
THE HELIOCENTRICS – A WORLD OF MASKS
Soundway Records | Psychedelia, Experimental
In barba al Brexit, Malcolm Catto e compagni copernicani insistono nel proporre una formula includente e solidaria, inzeppando i loro pantagruelici banchetti con le ispirazioni più svariate. In un mondo di maschere in cui uno può essere centomila, l’unica bussola sono le presenze spiritiche ravvisabili un po’ ovunque: in ‘Time’ si condensano i primi esperimenti “world” di George Harrison con quarant’anni di storia della psichedelia; in ‘Human Zoo’, l’indimenticabile Jaki Liebezeit torna a tendere le pelli in un guazzabuglio kraut-afrobeat; ‘The Wake’ inizia con Hendrix per poi partire per la tangente; e in ‘The Uncertainty Principle’ fa capolino addirittura il sorriso beffardo del capitan cuore di manzo ospite in ‘Willie The Pimp’ alla corte zappiana. Ma tutto suona decisamente Heliocentrics: dilatato, eccentrico, sciamanico.
Mood: Gran ballo di Satana
(Sandy) Alex G - Rocket
Domino Records | Alternative pop
Ingabbiare il nuovo lavoro del giovane cantautore italo-americano nell'angusto perimetro di un unico genere musicale non renderebbe giustizia al prodotto: il disco, composto da quattordici tracce estremamente eterogenee, abbraccia sonorità e mood completamente diversi senza tuttavia cadere nell'anacronismo e nella disarmonia. Abbiamo ad esempio "Bobby" e "Horse", spiccatamente country; "Brick" caratterizzata da un'indiavolata matrice punk o "Guilty", a chiusura dell'album, impreziosita dalle linee di sassofono e che non sfigurerebbe affatto se venisse suonata in un jazz club. Un ascolto decisamente non prevedibile.
Mood: continua sorpresa
Paul Weller - A Kind Revolution
Parlophone | Warner Bros | Pop-Rock
40 anni di carriera si farebbero sentire su qualsiasi artista, ma Paul Weller è tornato per smentirci. Questo 13esimo album da solista non si limita infatti ad abbracciare il passato, ma festeggia anche il futuro dell’artista, a partire dai ritmi soul della traccia di apertura, Woo Sè Mama, per finire con i toni classici degli anni ‘80 di The Impossible Idea. Un viaggio, quello di Paul Weller, che è ben lontano dal concludersi.
Mood: certezze
Do Make Say Think - Stubborn Persistent Illusion
Constellation | Post-Rock
Per la musica strumentale, specialmente nel post rock, è difficile rinnovarsi, ma i Do Make Say Think rappresentano un’ eccezione. Con Stubborn Persistent Illusion, primo album dal 2009, i DMST vogliono catturare almeno una parte dell’incredibile varietà di colori e sentimenti che contraddistinguono i processi mentali degli uomini. Il risultato è un album composto dal susseguirsi di atmosfere sempre diverse, tracce che non necessitano della nostra totale attenzione mentre le ascoltiamo, ma che inevitabilmente ci rimarranno dentro.
Mood: pensiero selvaggio
Di Eliana Scala Giorgia Cassiero, Eugenio Zazzara,