Il pezzo con cui questo giovane cantautore romano si esibirà sul palco del festival annuale della canzone italiana si intitola 1969. Il suo è tra i più validi e gradevoli degli otto brani della categoria giovani di quest'anno: The Niro ha tirato fuori il lato più dolce del suo folk rock di sempre, senza perdere di vista se stesso e senza deludere.
1969 è un brano delicato, la classica apparente culla musicale con il testo disincantato come ogni cantautore che si rispetti. Non siamo lontani dal The Niro di sempre, neanche dal disco d'esordio in cui si era divertito un po' a sperimentare e ad aggiungere un po' di questo e un po' di quello, passando dal melodico a sonorità più dure. In 1969 l'impronta elettrica c'è sempre, viene solo messa in evidenza la dolcezza, il cosiddetto "miele" che tanto piace a Sanremo. Quindi The Niro ha optato per suoni più sognanti, più languidi e distesi, scegliendo di smussare gli angoli alle svolte brit rock tipiche del suo stile. Un brano adatto alla situazione, che rimane allo stesso tempo attaccato alla personalità del cantante.
The Niro è decisamente una delle Nuove Proposte più apprezzabili. 1969 è un buon pezzo che riesce sia ad essere nelle corde del festival, sia a mantenersi al di fuori, restando comunque legato ad un certo ambiente più libero e dimostrando di sapersi muovere all'interno di qualcosa di più restrittivo, senza cambiare. Un brano che non smarrisce l'identità del cantautore, ma l'ammorbidisce soltanto. E anche con un po' di zucchero in più del solito, The Niro non è affatto male. L'eco di Jeff Buckley però deve e dovrà risuonare ancora.