Al di là di una semplice canzone di protesta sulle troppo urlate e gorgheggiate melodie italiane, la Canzone Mononota è un vero e proprio virtuosismo artistico, complesso e realizzabile (oltre che comprensibile) solo a chi di musica se ne intende seriamente. Elio e le storie tese hanno basato la loro carriera su testi falsamente idioti e travestimenti al limite del ridicolo, abile stratagemma per allontanare orecchie sgradite, quelle di chi si trova a suo agio nell'essere musicalmente e piacevolmente insensibile.
Questo brano si inserisce in modo perfetto in un Festival diverso (come sostengono anche i Marta sui tubi che accettano di farne parte), caratterizzato da una conduzione mononota, ma non per questo monotona; ovvero senza urla, colpi di scena e stacchetti al limite del patetico. Quello della Canzone Mononota è un iter travagliato, come spiegato dallo stesso Elio:
«Nata come Canzone Monotona, era semplicemente un brano noiosetto come altri del Festivàl. Poi, complice il refuso di un noto quotidiano, si è diffusa la voce che il titolo fosse “Canzone Mononota”. A quel punto noi, da quei consumati professionisti che siamo, abbiamo cambiato in corsa. La scena:
Noi: “Possiamo modificare la melodia per adattare il brano alle nuove aspettative?”;
Comitato Organizzatore: “Certo”;
Noi: “Mica che poi ci create problemi?”;
Comitato: “Questa conversazione non è mai avvenuta”;
Noi: “Evvai”.
La Canzone Mononota è nata così. Una nota sola – a parte il preludio che è più vario, 18 note – e poi dritti fino in fondo. Sì, ci sono due salti d’ottava e altre minuzie, ma la sostanza è quella. Niente di nuovo sotto il sole, c’è gente che sull’andazzo monocorde ci ha costruito una carriera. Snoop Dogg, Bob Dylan nella fase nasale, Gioacchino Rossini (“Adieu à la vie, élégie sur une seule note” noi abbiamo copiato quella), Stephen Hawking.»
Elio e le storie tese non hanno fatto altro che rendere celebre al grande pubblico uno dei giochi musicali, tra quelli basati sui principi di enigmistica e di matematica, che da sempre hanno ispirato grandi musicisti, tra i quali, appunto, Gioacchino Rossini con la sua "Adieux à la vie! 'Élégie sur une seule note" o Giacinto Scelsi che nel 1959 scrive “Quattro pezzi per orchestra su una nota sola”. Le note individuate da Scelsi sono il la, la bemolle, fa e si, che vengono costantemente suonate mutandone l’altezza (ottave su e giù), dinamica (forte, piano), e timbri (i vari strumenti dell’orchestra). Il risultato è un arcobaleno tale di suoni inaspettati che potresti anche non accorgerti che si tratta di una nota sola. Succede anche nel brano di Elio a Sanremo e se proprio vogliamo trovargli un difetto è che il testo abbia esplicitato il gioco della mononota. Infatti, se avesse parlato di altro, sarebbe stato divertente vedere come molti che scrivono di Sanremo non se ne sarebbero neanche accorti.
Ma in realtà la grandezza della scrittura musicale della band sta anche nel fatto che il cantante è concentrato a emettere un solo suono, mentre armonia e ritmo variano continuamente, spesso rappresentando esattamente ciò che il testo afferma (accordo maggiore, minore, ritmo accelerato o rallentato) per buona pace del trito e ritrito binomio cuore-amore.
Anche Carlos Jobin si è cimentato in un esperimento simile con "Samba de uma nota so", ma come ci spiega Elio stesso nel suo brano "se ascolti attentamente, dopo un po’ cambia: Jobim non ha avuto le palle di perseguire un obiettivo. Non ci ha creduto fino in fondo."
Invece Elio e le Storie Tese a Sanremo "Sì"!