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Music Legends: biografia di Stevie Ray Vaughan

Lunedì, 06 Ottobre 2014 23:21

Il Jimi Hendrix bianco che ha fatto vivere una seconda giovinezza al blues americano e ha interpretato fino in fondo il ruolo del guitar hero, fatto di successi ed eccessi. Stevie Ray Vaughan è il chitarrista con il pennacchio che negli anni '80 ha fatto impazzire una generazione.

 

 

NASCITA E GIOVENTU’ DI STEPHEN RAY VAUGHAN

Stephen Ray Vaughan nasce il 3 Ottobre del 1954 a Dallas. È il secondogenito di una famiglia semplice e tradizionale, nella quale il padre è soggetto a trasferimenti continui per via del suo lavoro. La vita di Stevie e del fratello Jimmie comincia già in tour, sempre in movimento e senza tempo per abituarsi a nessuna delle città di destinazione, in cui sono sempre e solo di passaggio. Fin da piccolissimi i due fratelli Vaughan cominciano a sviluppare la passione per la musica, osteggiata dai loro genitori ma grande fonte di beneficio per loro, sottoposti al grande stress di dover affrontare continui movimenti e cambiamenti. All’età di 10 anni Jimmie riceve la sua prima chitarra, con la quale comincia ad esercitarsi e a suonare nelle band scolastiche. Il fratellino Stevie, ansioso di seguire le orme del fratello, si prodiga nel maneggiare uno strumento ben più semplice, una chitarra giocattolo con suoni pre-campionati. I motivi delle prime beghe fraterne tra i due avvengono a causa del fatto che il piccolo Stevie rubava continuamente lo strumento di Jimmie non appena questi lo lasciava incustodito.

Il giovane Stevie approccia al mondo della musica e della chitarra in maniera completamente autodidatta, sfruttando gli enormi buchi di tempo che la mancata voglia di studiare gli forniva. Comincia così un percorso di auto formazione in cui Stevie si ispira ai grandi maestri neri del blues americano e tenta di fare sue le tecniche dei musicisti che più amava. Già ai tempi del liceo il suo enorme talento si lasciava intravedere nelle esibizioni con le band scolastiche, nelle quali riusciva sempre ad emergere e a assumere il ruolo del frontman indiscusso. Dopo un’infinita serie di città, il tour della famiglia Vaughan si ferma a Austin, Texas, e il giovane Stevie riesce a concentrarsi su progetti un pò più seri e duraturi del solito. Il suo primo vero gruppo sono i Cobras, che però lascia quando il frontman impone ai componenti della band di indossare make-up stravaganti sul palco. Già da questo momento Stevie capisce di non essere tagliato per la musica pop, caratterizzata da spettacolarizzazione e apparenza. Gli interessava piuttosto diventare un vero bluesman, che sul palco fa attenzione solo a quello che più gli interessa trasmettere: la musica in sé.

Dopo aver lasciato la scuola all’età di 17 anni, i progetti di Stevie cominciano a prendere forma sempre più concreta, fino alla fine degli anni ’70, quando con il bassista Tommy Shannon e il batterista Chris Layton forma i Double Trouble, la formazione che da li in avanti lo porterà a un successo senza precedenti. Questi sono gli anni in cui Stevie riesce definitivamente a staccarsi dall’ombra del fratello maggiore e assumere una dimensione personale e musicale propria, iniziando la scalata che lo porterà a diventare il blues master che aveva sempre sognato di essere.  Le cose sembrano andare alla grande, visto che Vaughan trova anche quello che sembra essere l’amore della sua vita: nel 1979 si tengono le nozze con Lenny, della quale Stevie però parlerà sempre come della sua seconda moglie (la prima moglie è la sua prima chitarra, un amore che a differenza di quello con Lenny, non conoscerà mai tramonto.)

 

IL FESTIVAL DI MONTEREUX E IL SUCCESSO

Con la notorietà arrivano i primi contatti con le leggende musicali del tempo. Il primo ad accorgersi del grande talento di SRV e dei suoi Double Trouble è nientemeno che Mick Jagger, il quale spinge fortemente per inserirli nel programma del Montereux Jazz Festival (Svizzera). La scelta sembra però essere tutt’altro che felice: I Double Trouble vengono accolti con una bordata di fischi dal pubblico del festival, fatto di palati fini e non troppo inclini ad ascoltare un repertorio Blues/Rock’n’Roll che già all’epoca aveva un sapore trito e ritrito. In mezzo a quel pubblico inferocito, però, ci sono due occhi che osservano con attenzione e interesse la band di Austin: sono quelli di David Bowie,  che a fine concerto chiede di incontrare immediatamente Stevie per proporgli di occuparsi delle chitarre nel nuovo album che ha in programma, Let’s Dance.

Stevie accetta senza pensarci su, abbagliato dalla possibilità di suonare con un artista di quel calibro e ottenere notorietà. Cambia idea piuttosto rapidamente, però, visto che all’idea di seguire Bowie nel tour di presentazione dell’album si tira indietro con pochi giorni di preavviso per ricongiungersi ai Double Trouble. La scelta gli costa il ritorno nel semi-anonimato e la rimozione del suo viso dal video della title-track dell’album. Quello che Stevie non sa è che anche un altro big della scena musicale aveva osservato con interesse la sua esibizione a Montereux: si tratta di John Hammond, talent scout d’eccezione che ha portato alla luce della ribalta alcuni dei più grandi artisti d’America (Bob Dylan, Aretha Franklin, Bruce Springsteen, solo per fare alcuni nomi). Grazie a Hammond, i Double Trouble ottengono un contratto con la Columbia Records, e in soli due giorni producono il loro primo album: “Texas Flood”.

Il grande successo è arrivato, e ora Stevie può guardarsi intorno per cercare di raggiungere quella perfezione nello stile e nella composizione che insegue da quando imitava il fratello maggiore Jimmie imbracciando la propria chitarra giocattolo. Il momento inizialmente successivo all’album d’esordio è un susseguirsi di sperimentazioni e interminabili viaggi in giro per gli States e nel mondo. In questi anni Stevie Ray Vuaghan and the Double Trouble raggiungono anche l’Italia (Umbria Jazz Festival), e vedono moltiplicarsi a dismisura le vendite di dischi e le richieste di esibizioni.

 

IL PICCO DEL SUCCESSO I GUAI CON LA DROGA

All’inizio degli anni ’80 il blues sembra rivivere una nuova giovinezza, che scorre fluente nelle dita di Stevie e da nuova vita alle carriere di vecchi bluesman, convinti ormai di essere arrivati al tramonto delle loro carriere. La scatenata corsa della band di Vaughan e le innumerevoli collaborazioni con i grandi artisti del presente e del passato accendono la fiamma della passione per il blues e rendono di nuovo viva la scena musicale in questo ambito. Il 1984 è l’anno di “Couldn’t Stand the Weather”, il secondo album in studio dei Double Trouble, che infrange tutti i record di vendita e si piazza in cima alle classifiche mondiali.

È in questo album che emergono gli artisti che hanno ispirato Stevie nella sua crescita musicale e si fanno chiare le caratteristiche distintive del suo stile. Tra gli elementi più particolari del modo in cui suonava la chitarra c’è il fatto di usare corde molto più pesanti del normale, arrivando a scalature estreme, per suonare le quali Stevie ha bisogno di cospargersi le dita di Superglue, un collante industriale che gli permette di maneggiarle senza devastare i suoi polpastrelli. Il motivo di questa scelta è la ricerca di uno stile duro, che si mantiene nel panorama generale del blues ma strizza l’occhio al mondo del Rock, in un modo simile a quello proposto da Jimi Hendrix.  E anche secondo la critica, è Stevie l’artista che riesce più ad avvicinarsi al mitico Hendrix, specialmente se si ascolta la cover di Voodoo Child presente nel secondo album della band, a detta dei più suonata meglio dell’originale.

Nel momento del suo massimo successo, come accaduto a molti altri maestri prima di lui, Stevie viene accusato di aver perso il rapporto con la cultura blues, che per essere suonato come si deve ha bisogno che il suo interprete sia una persona che vive nelle difficoltà e con un animo fondamentalmente depresso. A queste critiche Stevie risponde dicendo che il successo di un artista si accompagna spesso alle difficoltà di dover vivere una vita senza alcuna pausa e all’impossibilità di mantenere uno stile di vita stabile, per cui a volte il successo e la fama, con le difficoltà che comportano, non fanno altro che avvicinare alla cultura blues, piuttosto che allontanare da essa.

A dimostrazione di quanto sostiene, il successo di Stevie corrisponde anche all’eccesso. L’abuso di alcol e droghe si fa sempre più forte e insostenibile. Il contratto per un live dei Double Trouble comprendeva che nel camerino dovesse essere sempre presente una bottiglia di Scotch piena, e il consumo di cocaina di tutti i membri della band era talmente alto che a volte non gli consentiva di presentarsi sul palco ed esibirsi. Nel frattempo i tour si susseguivano senza pausa e i membri della band erano sempre più stanchi e meno ispirati.

 

IL COLLASSO E LA RIABILITAZIONE

Nel 1985 esce il terzo album in studio dei Double Trouble, intitolato “Soul to Soul” e prodotto con tempistiche molto maggiori di quelli precedenti. L’accoglienza del pubblico è appena tiepida, mentre l’entourage della band tenta di dissuadere la band dal continuare a sostenere uno stile di vita così eccessivo e destruente per tutti i componenti. Il consiglio non viene accettato, e la folle corsa verso un inevitabile scontro contro un muro di mattoni prosegue. Nel 1986 Stevie viene invitato al match inaugurale del campionato nazionale di baseball statunitense, durante il quale si esibisce con una penosa esecuzione dell’inno nazionale, accolta da una selva di fischi e dall’impietosa stangata dei critici, che davano la sua imminente morte ormai per certa.

Pochissimo tempo dopo Lenny, la moglie di Stevie, lo abbandona, esasperata dal comportamento del marito. Un trauma quasi insostenibile per il prodigio del blues, che comunque si consola dicendo che a lasciarlo è stata la sua seconda moglie, non la prima e unica (la sua prima Stratocaster). Il divorzio ha l’effetto di inasprire ancora di più il rapporto con le droghe e l’alcol di Vaughan, che ormai ha perso completamente la bussola e non ha più lo straccio di una nuova idea. Successivamente alla separazione da Lenny c’è anche quella con i Double Trouble, incolpati dall’artista di tarpare la sua vena artistica perché intrappolati in una concezione del blues oramai morta. Come se non bastasse, Stevie deve anche affrontare la morte del padre, il colpo finale per l’ormai precario equilibrio emotivo dell’artista.

Durante il 1986 arriva il punto più basso della sua carriera. Nel corso di un tour europeo da solista in cui si esibisce con alcuni dei più grandi chitarristi del mondo, Stevie collassa sul palco, perdendo i sensi nel bel mezzo del live e venendo trasportato in fretta e furia all’ospedale più vicino. Una volta ripresa conoscenza, il medico diagnostica a Vaughan ulcere multiple all’intestino, causate dalla sua abitudine mattutina di mischiare una dose di cocaina con un bicchiere di Scotch (giusto per iniziare la giornata col piede giusto). A detta del medico che gli ha prestato il primo soccorso, Stevie si trovava a un mese dalla morte. Il convalescente Stevie torna in America per disintossicarsi, e dopo un periodo trascorso in un centro di recupero in Georgia si riaffaccia sulla scena musicale con un ritrovato atteggiamento creativo e un notevole spirito d’iniziativa.

Viene immediatamente ripreso il tour interrotto a causa del collasso, durante il quale Vaughan si erge a vero e proprio baluardo della lotta contro la tossicodipendenza, esponendosi in prima persona con numerosi discorsi e appelli al pubblico, intimando alla collettività di non cadere nella spirale viziosa della dipendenza e di affrontare le difficoltà interiori che portano all’abuso, piuttosto che rifugiarsi nelle sostanze. Sono questi gli anni in quei il pubblico comincia a apprezzarlo di nuovo e a riposizionarlo di diritto sull’altare dei guitar hero che hanno scritto la storia della musica.

 

LA CONSACRAZIONE NEL PARADISO DEI CHITARRISTI E LA MORTE

Verso la fine degli anni 80 Stevie viene inserito nella Hall of Fame of Rock’n’Roll, e viene consacrato come uno dei maestri del blues che hanno saputo donare nuova vita al genere quando questo sembrava ormai sulla via del tramonto. Nell’ultima parte del decennio si esibisce con i più grandi artisti del mondo, alcuni dei quali erano i suoi miti d’infanzia, in sostanza i motivi principali per cui aveva preso in mano una chitarra per la prima volta. In quegli anni c’è anche una new entry nel cuore del giovane artisa: è Janna Lapidus, modella neozelandese conosciuta in una delle tappe del tour mondiale che gli farà compagnia fino alla fine de suoi giorni, che ormai purtroppo si fa prossima.

Immediatamente terminata la riabilitazione Stevie si era già unito nuovamente ai Double Trouble, arricchendo la sua esperienza con la band con collaborazioni importanti, come quella con Albert King (in una straordinaria session del 1987), Jeff Beck (con il quale ha condiviso il tour che lo ha portato a conoscere la sua seconda moglie, o terza che dir si voglia) e tanti altri. Un altro punto importante della sua carriera è il ricongiungimento finale con il fratello Jimmie: i due avevano costantemente collaborato nell’arco dell’intera carriera di Stevie, ma mai concretizzato il loro lavoro in un vero e proprio album. È quello che accade quando esce “Family Style”, il disco inciso dai fratelli Vaughan che uscirà postumo rispetto alla morte di Stevie.

La riconciliazione con la musica, con il pubblico e con sé stesso è solo il preludio dei tragici avvenimenti che seguono. Il 27 Agosto del 1990 Stevie si trova in tour con Eric Clapton, lo stesso fratello Jimmie e numerosi altri artisti di calibro internazionale. È la tappa dell’Alpine Valley Music Theater, in Wisconsin. Stevie in quella serata si sente decisamente affannato, e chiede di scambiare il suo turno con quello di Eric Clapton, che in cartellone si esibisce per primo, per poter tornare a casa prima della fine dello show. Clapton accetta senza alcun problema, inconsapevole che facendo quel favore a Stevie si sta salvando la vita. Appena si è esibito, infatti, Vaughan sale su un elicottero diretto al suo albergo di Chicago insieme a tutto l’entourage di Eric. L’elicottero, a causa del maltempo e dell’inesperienza del pilota, prende in pieno una piccola collina lungo il tragitto, e tutti i passeggeri muoiono sul colpo.

La morte di Stevie getta un profondo sconforto nel mondo della musica e in tutto i suoi fan, sancendo forse in maniera definita la fine dell’epoca d’oro del blues. Dopo il tragico incidente furono molteplici le opere ancora in costruzione che il fratello Jimmie decise di pubblicare lo stesso, in modo da non far perdere nell’oblio i segni della creatività di Stevie, che era ancora ben lontana dal conoscere il declino.